Come nasce l’assoluto predominio del Pci sull’informazione in Italia? Quanti e quali nefandezze politiche, ma anche criminali, collusioni mafiose, perpetrate dal Partito Comunista Italiano, sono state oscurate o manipolate da una stampa e da un’informazione organica, sottomessa, servile, spesso direttamente “a libro paga” del Pci?
Perché il fenomeno “Mani Pulite” è durato sì e no un anno e mezzo se, come sostengono gli stessi magistrati del Pool di Milano, è stato “il lavacro di tutti i mali della corruzione in Italia” e dunque una sorta di processo alla stessa storia secolare del Paese?

Sono tanti, troppi gli interrogativi che hanno spinto Gaetano Immè, storico romano dalle origini aretusee esperto di politica, a redigere “Attacco al potere comunista – gli intrighi, le collusioni, gli omicidi di mafia utili alla sinistra”, edito da Bonfirraro e in libreria dalla fine del mese di novembre che abbraccia un ampio arco di tempo che va dalla Guerra fredda, al patto criminale degli anni ’90 fra Pci e mafia. Si tratta di uno dei suoi scritti più polemici: di formazione radicale, Immè si affaccia al panorama editoriale nazionale con un pamphlet forte, coraggioso, che è un viaggio negli ultimi sessant’anni di storia d’Italia contro quello che viene definito, senza colpo a ferire, “il sistema criminale, ordito dal vecchio Pci con la complicità della magistratura politicizzata, per trasformare la democrazia costituzionale italiana nella loro oligarchia costituzionale che oggi domina il Paese”.

“Attacco al potere comunista” manifesta, sin dal titolo, la propria faziosità, ma è anche un saggio che – lungi dal disegnare foschi e ipotetici scenari – ricostruisce fatti storici realmente accaduti in quegli anni terribili, annodati e commentati seguendo un filo di Arianna che li unisce nella loro consequenzialità logica. Immè non ha alcuna pretesa di giungere alla “verità”, ma la ferma consapevolezza di cercarla nello scarto tra “verità storica” e “verità processuale” e non nelle “mere supposizioni”, non in fumosi “disegni criminosi”.

Enfatico, il libro nasce proprio dall’insopprimibile necessità di «mandare finalmente all’aria proprio quella opprimente coltre di conformismo politicamente corretto, storia costruita su “menzogne” e con “manipolazioni”, di ribellarsi alle tante, troppe, “versioni addomesticate” dei fatti accaduti che l’informazione – drogata e di parte – ha spacciato a piene mani per cinquanta e passa anni, per assicurarsi la benevolenza del suo azionista, eseguendo il suo sporco lavoro a beneficio del suo “padrone”, come un “picciotto” con il suo boss mafioso».

Come fosse un perenne interrogatorio alla storia, è lo stesso l’autore – approfondendo migliaia di carte, di sentenze, di deposizioni – che continua a chiedersi: perché tutti sanno che Pio La Torre fu ucciso dalla mafia perché – questa la motivazione della sentenza – “ostacolava i suoi interessi” e nessuno o pochi sanno che lo stesso Pio La Torre aveva più volte denunciato, sia al Pci romano di Enrico Berlinguer che a quello siciliano di Occhetto, gli intrallazzi e le collusioni delle cooperative rosse con la mafia siciliana, le vere e proprie truffe che quelle cooperative agricole comuniste perpetravano sugli aiuti comunitari?

Perché nessuno, se non, al limite, una ristretta “élite”, conosce la scandalosa corruzione perpetrata in Sicilia, e telefonicamente registrata, dal Senatore comunista Ludovico Corrao (rimasta sfacciatamente impunita) che aveva corrotto l’Onorevole Santalco con 100 milioni di lire degli anni 58/60?

Per quale motivo nessuna inchiesta giudiziaria che si sia occupata di crimini omicidiari di stampo mafioso si è mai posta anche il problema, doveroso per la Magistratura, di scovare non solo gli assassini materiali ma anche di ricercare i relativi e possibili “mandanti” di quegli omicidi seguendo il principio del “cui prodest” se non per Fenaroli e per Sofri?
A cercare di rispondere ai più grandi interrogativi degli ultimi anni di storia italiana rimane questo libro, il quale – basandosi sulla sola riesumazione dalla tomba delle memoria dei fatti storici come essi si verificarono e dalla loro rivisitazione – fornisce plausibili, logiche e documentate risposte a tutte le precedenti domande e a quelle altre, attinenti a veri e propri crimini, materialmente commessi dalla mafia siciliana, ma rivelandone anche i possibili e probabili “mandanti”, coloro, cioè, che da quelle stragi sono stati beneficiati.