Il gip del Tribunale di Siracusa, Carmen Scapellato,  ha revocato gli arresti domiciliari nei confronti di Antonio Antonuccio e di Luigi Piero Galimberti, stesso provvedimento anche per Giulio Dessena Quercioli e Cesare Quercioli Dessena anche se per quest’ultimi è stato disposto l’obbligo di dimora a Siracusa. I 4, difesi dagli avvocati Bruno Leone,  Giuseppe Antonuccio, Luigi Latino, Silvestre Costanzo e Carmelo Peluso, erano finiti nel giugno scorso nell’inchiesta Gold Trash della Guardia di finanza, coordinata dalla Procura di Siracusa, conclusa con 5 arresti ed il sequestro di 11 milioni di euro per bancarotta fraudolenta. L’indagine vede al centro  l’Igm Rifiuti industriali, specializzata nel settore del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti per numerosi Comuni, gravitanti nel gruppo della famiglia siracusana Quercioli, dal valore stimato in oltre 45 milioni di euro.

Le indagini sono partite principalmente dall’esame della contabilità di diverse imprese che, secondo la Finanza, versavano in una situazione di sostanziale dissesto. Gli inquirenti ritengono di avere scoperto un sistema di scatole vuote  “che, in modo programmato, ha “assorbito”, non onorandolo, il carico fiscale e contributivo dell’attività nel suo complesso; tutto questo grazie alla compiacenza di persone con precisi ruoli e di uno staff tecnico, formato da commercialisti, nonché da “prestanomi”, tra cui un avvocato, regolarmente stipendiati dal gruppo” spiegano gli inquirenti. Per i finanzieri, le frodi avrebbero portato al fallimento di 3 società, la Gestioni patrimoniali srl, la So.Si.Se. srl e la Cg Ambiente srl.

Dalle indagini delle Fiamme gialle, “le società  svolgevano – fanno sapere gli inquirenti – l’attività di gestione dei rifiuti mantenevano, nel corso del tempo, una stessa denominazione comune, al fine di far apparire che il servizio venisse svolto da un’unica impresa. In realtà, quando l’esposizione debitoria di una delle entità diventava insostenibile, l’azienda produttiva era trasferita (mediante contratti di affitto, cessione di azienda o scissione) ad altra società del gruppo, sino a quel momento rimasta inattiva, che proseguiva nelle attività. Le società “svuotate”, oberate di debiti e private degli asset produttivi, erano quindi avviate, con la compiacenza di meri prestanomi, alla inesorabile liquidazione e/o cancellazione, con insolvenza dei debiti erariali”.

Il gruppo imprenditoriale avrebbe gestito l’azienda di famiglia senza onorare i debiti con lo Stato, ammontanti a circa 130 milioni di euro, e dalle informazioni della Procura, avrebbe lucrato grandi profitti dagli appalti con le pubbliche amministrazioni per sottrarre, nel contempo, risorse indispensabili all’integrità contabile e patrimoniale delle varie società. Oltre alle intercettazioni telefoniche e ambientali, nel corso dell’inchiesta, sono state acquisiti informazioni, eseguite perquisizioni domiciliari e informatiche.