La Corte costituzionale dice no al decreto Salva Isab da parte del Governo nazionale. Secondo quanto emerso nel giudizio, “le misure governative che impongono la prosecuzione di attività produttive di rilievo strategico per l’economia nazionale o la salvaguardia dei livelli occupazionali, nonostante il sequestro degli impianti ordinato dall’autorità giudiziaria, “sono costituzionalmente legittime soltanto per il tempo strettamente necessario per portare a compimento gli indispensabili interventi di risanamento ambientale”.
Cosa è il salva Isab
Il salva Isab è un provvedimento varato dal Governo nazionale per “blindare” il Petrolchimico di Siracusa dove nell’ultimo anno si sono verificati due eventi capaci di metterne a rischio la sua stessa sopravvivenza che avrebbe potuto causare effetti devastanti. Sotto l’aspetto della produzione, il 22% del carburante che circola in Italia viene raffinato negli stabilimenti del Siracusano e poi c’è la questione occupazione perché qui lavorano, tra diretti ed indotto, circa 8 mila persone.
L’altro terremoto è stata l’inchiesta per disastro ambientale della Procura di Siracusa culminata con il sequestro, firmato dal gip di Siracusa, del depuratore Ias, in cui si trattano i reflui civili di due Comuni, Priolo e Melilli, ed i fanghi della zona industriale. Il Governo nazionale, con la salva Isab, dal nome delle raffinerie che dalla Lukoil sono passate al fondo cipriota Goi Energy, ha ritenuto, di fatto, la zona industriale del Siracusano, compreso l’impianto Ias, sito di interesse nazionale, assolutamente strategico nel settore energia.
Il giudizio della Consulta
La Corte costituzionale si è espressa dopo il caso sollevato dal gip di Siracusa nell’ambito di un procedimento relativo al sequestro degli impianti di depurazione di Priolo Gargallo. La questione concerneva una norma contenuta nel decreto legge 2/2023, che autorizza il Governo, in caso di sequestro di impianti necessari ad assicurare la continuità produttiva di stabilimenti di interesse strategico nazionale, ad adottare “misure di bilanciamento” che consentano di salvaguardare la salute e l’ambiente senza sacrificare gli interessi economici nazionale e la salvaguardia dell’occupazione.
Il gip di Siracusa
Secondo il gip di Siracusa che aveva disposto il sequestro degli impianti di depurazione, questo schema normativo non garantirebbe “adeguata tutela” alla vita, alla salute umana e all’ambiente, vincolandolo ad autorizzare la prosecuzione dell’attività anche quando, a suo giudizio, le misure adottate risultino insufficienti rispetto alle esigenze di tutela di questi interessi.
La Corte
La Corte costituzionale ha anzitutto osservato che una lettura attenta della normativa sottoposta al suo esame conferma che, una volta che siano state adottate le misure in questione, il giudice che ha disposto il sequestro “è tenuto” ad autorizzare la prosecuzione dell’attività degli impianti, senza poter rimettere in discussione le scelte del Governo. Nel vagliare la legittimità di questo meccanismo, la Consulta ha ricordato che la recente riforma costituzionale del 2022 ha attribuito “espresso e autonomo rilievo”, nel nuovo testo dell’articolo 9, alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.
“Incompatibile con la Costituzione”
Inoltre, rileva Palazzo della Consulta, la riforma ha esplicitamente chiarito che “la tutela della salute e dell’ambiente costituisce un limite alla stessa libertà di iniziativa economica”. Tenendo conto di queste indicazioni del legislatore costituzionale, da un lato, la Corte ha ritenuto “non incompatibile con la Costituzione” la previsione della possibilità per il Governo di dettare direttamente, in una situazione di crisi e in via provvisoria, misure conformi alla legislazione vigente, che consentano di assicurare continuità produttiva a uno stabilimento di interesse strategico nazionale, contenendo il più possibile i rischi per l’ambiente, la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Le altre motivazioni
Dall’altro lato, queste misure – la cui effettiva osservanza dovrà essere costantemente monitorata dalle autorità competenti – dovranno comunque “tendere a realizzare un rapido risanamento della situazione di compromissione ambientale o di potenziale pregiudizio alla salute determinato dall’attività delle aziende sequestrate”, e non invece “a consentirne indefinitamente la prosecuzione attraverso un semplice abbassamento del livello di tutela di tali beni”. Per questo, la Corte ha ritenuto “costituzionalmente illegittima” la “mancata previsione”, nella norma esaminata, di un “termine massimo di 36 mesi di operatività delle misure in questione”. Entro questo termine, hanno stabilito i ‘giudici delle leggi’, occorrerà in ogni caso assicurare il completo superamento delle criticità riscontrate in sede di sequestro e ripristinare gli ordinari meccanismi autorizzatori previsti dalla legislazione vigente.
Urso, “vedremo cosa fare dopo lettura dispositivo”
“Appena leggerò il dispositivo vedremo cosa c’è da fare, ma non credo che questo cambi nulla sui progetti di uno stabilimento che finalmente si è avviato sulla strada giusta”. Lo ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, a margine del tavolo Stellantis sullo stabilimento di Modena, commentando la sentenza della Corte costituzionale.
“Priolo è il primo caso grave su cui siamo stati costretti a intervenire. Ricordo quando i giornalisti chiedevano quando Isab Priolo avrebbe chiuso, ma siamo riusciti a non far chiudere un giorno. Abbiamo trovato la soluzione che ha permesso a questa azienda italiana di continuare a produrre”, ha concluso Urso
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