Sono Giovanni Merlino, 38 anni, e Giuseppe Ferrazzano, 40 anni, i due uomini fermati dagli agenti della Squadra mobile di Siracusa con l’accusa di tentato omicidio. Ma emergono altri particolari nell’indagine sull’agguato a colpi d’arma da fuoco culminato con il ferimento di un 50enne siracusano, Salvatore Di Fede, ricoverato in ospedale per le ferite alle gambe.

Il ferito era ricercato dalla polizia

L’uomo era ricercato dalle forze dell’ordine per via di un aggravamento della misura cautelare a causa di alcune evasioni e per questo è stato arrestato dagli agenti della Squadra mobile, che lo piantonano nella stanza di un reparto dell’Umberto I dove al momento si trova.

Il presunto aggressore

A sparare, secondo una prima ricostruzione, sarebbe stato Giovanni Merlino, 39 anni, siracusano, difeso dall’avvocato Matilde Lipari, che, durante l’interrogatorio davanti al sostituto procuratore di Siracusa, avrebbe fornito la sua versione sull’accaduto.

Il movente, “non è la gelosia”

La gelosia in amore, a parere del presunto aggressore, non c’entrerebbe nulla: da quanto sostenuto dal 38enne, sarebbe vero che il ferito ha una relazione con la sua ex compagna solo che al centro dei contrasti ci sarebbero i soldi legati al mantenimento della figlia. In sostanza, Merlino assicura che la quota di denaro da lui versata, sarebbe stata spesa dalla ex compagna e dal 49enne in altro modo, penalizzando, pesantemente, la figlia.

L’altro fermato

L’altro fermato, Giuseppe Ferrazzano, stando a quanto prospettato dagli agenti della Squadra mobile, al comando del dirigente, Gabriele Presti, sarebbe stato al volante della macchina con cui lui e Merlino si sarebbero recati in via Grottasanta per cercare Salvatore Di Fede.  Ferrazzano, assistito dall’avvocato Ezechia Paolo Reale, e Merlino sono in carcere, in attesa dell’udienza di convalida dei fermi che si terranno nelle prossime ore al palazzo di giustizia di Siracusa.

La sequenza dei filmati

Dalle immagini delle telecamere di sicurezza della zona è stato possibile per gli inquirenti, al comando del dirigente Gabriele Presti, conoscere quella drammatica sequenza nei dettagli. “L’aggressore, pistola in mano, dopo essere sceso da un’autovettura, quasi in movimento, guidata da un complice, dopo essersi avvicinato alla vittima lo attingeva da dietro con due colpi di pistola alle gambe facendolo cadere rovinosamente per terra. Avvicinatosi ulteriormente alla vittima, gli esplodeva contro altri quattro colpi d’arma da fuoco e, con arrogante calma, raggiungeva, pistola in mano, il complice che lo attendeva in macchina”.