Qual è il destino del “Seppellimento di S. Lucia”, capolavoro dell’ultimo Caravaggio? Solo qualche giorno fa si è scoperto, infatti, che la chiesa di S. Lucia alla Badia, in cui è stato trasferito sei anni fa per ragioni, si disse conservative perché in quella originaria, al Sepolcro, c’era umidità, in realtà è in condizioni niente affatto migliori. Questa e altre questioni sono emerse nel corso della conferenza alla Galleria Regionale di Palazzo Bellomo a Siracusa, organizzata dal direttore Lorenzo Guzzardi, accogliendo la proposta della storica dell’arte Silvia Mazza che l’attenzione sull’opera d’arte non si spegnesse dopo il no al prestito al G7, occasione per tornare a occuparsi dello stato di salute del capolavoro, anche per quella macchia “sospetta” sul retro segnalata dodici anni fa. Abbiamo intervistato la storica dell’arte per fare il punto e capire se stavolta è stata individuata una soluzione definitiva
Il tema della Giornata internazionale dei Musei di quest’anno era dedicata al racconto delle storie controverse. Il capolavoro del Caravaggio ci rientra appieno per le vicende che lo hanno interessato in passato, ma a quanto pare anche per quelle più recenti.
Quella del 18 non è stata la solita conferenza, ma un momento di divulgazione di dati e informazioni che consentisse ai soggetti interessati (FEC, Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno, a cui appartengono il dipinto e le due chiese di Sanata Lucia, Curia, chiamata ad esprimere parere, e Soprintendenza) di individuare una soluzione definitiva che ponesse fine alla provvisorietà a cui è stato consegnato da ben sei anni il capolavoro caravaggesco. Non a caso il comitato per i 2750 anni di Siracusa ha voluto apporre il logo all’evento. Un primo risultato concreto lo si era ottenuto già dal giorno prima, quando il Centro per il Restauro (CRPR) di Palermo ha reso noti, appositamente per l’evento al Bellomo, i risultati scientifici delle indagini effettuate nel 2005 dai suoi Laboratori di chimica e di fisica, insieme a quelli della campagna di monitoraggio microclimatico, condotta dal dicembre 2015 allo stesso mese del 2016, sia all’interno della Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro che in quella della Badia, al fine di acquisire i parametri ambientali per un intero anno solare.
E cosa è emerso?
Che entrambe le chiese non posseggono condizioni di temperatura e umidità relativa compatibili con la custodia del dipinto. Per il primo parametro, infatti, nella relazione si legge che “i valori risultano per un’elevata percentuale di tempo al di fuori dei range di accettabilità… nei mesi freddi sono tutti al di sotto del limite minimo…in quelli caldi tutti al di sopra”; per “il parametro Umidità Relativa risultano…al di sopra del limite massimo…indicando valori tipici di ambienti particolarmente umidi”. Cosa può provocare tutto questo al dipinto? Lo si legge nella stessa relazione: “danno strutturale, deformazione”, ma anche, ha spiegato durante il suo intervento il prof. Franco Fazzio, del team del 2005 del CRPR, “può favorire un attacco biologico e allentamento delle due tele di rifodero risalenti al restauro degli anni ’70, insieme a quella originale”.
Dunque, una situazione preoccupante.
Sì, lo è già di per sé, ma diventa ancora più allarmante se consideriamo la presenza di un’estesa macchia sul retro delle tele segnalata in occasione delle indagini del 2006 e ancora prima a seguito delle indagini radiografiche e riflettografiche volute proprio dalla Soprintendenza di Siracusa negli anni ’90. La notizia l’ho ripresa di recente su Il Giornale dell’Arte, si tratterebbe di una macchia di probabile origine biologica e, quindi, suscettibile di peggioramento in queste condizioni ambientali sfavorevoli. A ciò si aggiunga un’ulteriore criticità sotto il profilo conservativo, come spiegato dallo stesso Fazzio, perché questo attacco biologico potrebbe trasferirsi al dipinto del Guinaccia, al quale è incredibilmente addossato quello del Caravaggio: “tra i due quadri si è creata come una sorta di camera d’aria, un microclima che può favorire lo sviluppo delle spore”, mi ha precisato. Chi può dire se non si sia già verificato o meno? Qual è lo stato di salute oggi del Seppellimento? Perché il discreto stato conservativo che ci ha illustrato Fazzio si basa sulla lettura di dati che risalgono a ben dodici anni fa, quando non erano stati osservati fenomeni di degrado in atto (come sollevamenti di pellicola pittorica o allentamento del tensionamento della tela), ma abbiamo capito che l’opera d’arte dal 2011, da quando cioè è stata trasferita alla Badia, è stata lasciata in una condizione ambientale non adeguata. Anzi, caso forse unico in Italia, si rischia in un colpo solo di danneggiare non una, ma due opere contemporaneamente!
Ma non sono questioni di cui dovrebbe occuparsi la Soprintendenza?
Le rispondo rilanciando altre domande. La Soprintendenza ritiene accettabile che il Caravaggio sia addossato a un altro dipinto che dovrebbe godere di pari dignità, oltretutto? La Soprintendenza sa cosa comporti inibire la corretta ventilazione alla “legittima” pala d’altare soffocata dal Seppellimento? La Soprintendenza sa che il probabile attacco biologico in atto sul retro di quest’ultimo è trasferibile al Guinaccia? Non ci è chiaro, in effetti, nemmeno dopo la giornata del 18, se proprio la Soprintendenza abbia preso atto che ci sia stata una mancanza sotto il profilo della sua vigilanza, mentre l’architetto Fulvia Greco, che dirige l’uo Beni Architettonici e Storico-artistici, ha sottolineato l’altissima (ha detto così) attenzione sul fronte della tutela. La Soprintendenza, dunque, sa che la tutela si effettua anche con la conservazione preventiva? E come lo si è fatto? Ignorando che la chiesa della Badia non offra condizioni conservative adeguate alla custodia del dipinto? L’architetto ha dichiarato, infatti, di aver appreso solo dalla pubblicazione dei dati del CRPR, di qualche giorno fa, lo stato dell’arte. Chi ha commissionato, allora, il monitoraggio tra il dicembre 2014-dicembre 2015? Il Centro di Palermo, ricordiamolo, offre supporto tecnico su richiesta delle soprintendenze. Non dovevano, allora, essere in possesso di questi dati da un anno e mezzo? Provocatoriamente mi verrebbe da dire che il prestito al G7, che non condividevo affatto, sarebbe però stato occasione, con la movimentazione, per ispezionare il retro del Seppellimento e “liberare il Guinaccia”, oltre che per accelerare una soluzione sia per la realizzazione della teca sia per una collocazione definitiva al rientro da Taormina.
A quale teca si riferisce?
Le spiego, in conclusione del dibattito il direttore Guzzardi (ma non toccava alla Soprintendenza prendere atto dell’urgenza di un provvedimento risolutivo, non più rinviabile alla luce di quanto emerso durante la conferenza?) ha proposto che fosse convocata al più presto una conferenza dei servizi interistituzionale, estesa anche al Comune per la riqualificazione dell’area in cui ricade la chiesa (i rappresentanti delle guide hanno ragione quando mettono sul tavolo la necessità di garantire servizi e accoglienza alla Borgata), Sia il vicario del Prefetto, il dott. Filippo Romano, che Salvatore Sparatore dell’Ufficio Diocesano hanno già dichiarato di esprimere un parere in conformità a quanto da me esposto. Preso atto che nessuna delle due chiese offra condizioni ottimali, ritengo che non sarebbe sbagliato, allora, pensare alla restituzione del dipinto alla chiesa originaria, perché ad essa è intimamente connesso per ragioni storiche e artistiche, dotandolo, però, di una teca microclimatizzata, già progettata nel 2005 dallo stesso CRPR (anche se la Soprintendenza sembra scoprirla solo adesso) e per la quale erano stati richiesti dei preventivi a ditte specializzate, per un costo che si aggirava intorno ai 40 mila euro, come mi ha riferito il direttore del Centro dell’epoca, Guido Meli. Si era trovato pure un finanziatore, la ERG.
E perché poi non la si fece e si scelse di trasferire il quadro in una chiesa che scopriamo che nemmeno allora aveva i requisiti idonei?
Nessuno il 18 ha saputo dire perché non se ne fece nulla a suo tempo. Ad ogni modo, la teca era stata progettata anche per essere trasportata, garantendo così non solo il costante mantenimento di valori termo igrometrici ottimali per il dipinto, ma per facilitarne pure la movimentazione in caso di evento sismico. Non sussisterebbero nemmeno, come qualcuno ha osservato, ragioni ostative di natura estetica, per via del vetro che fungerebbe da “fastidioso” medium alla piena visibilità dell’opera, perché lo si era previsto antiriflesso. Dobbiamo, poi, considerare che il quadro non sarebbe offerto a una visione ravvicinata come quella data, per esempio, in un contesto museale, come quello del Bellomo, dove il dipinto è stato per anni in deposito temporaneo, ma in alto sopra l’altare dell’abside. Da quella distanza non ci sarebbe nessuna compromissione alla godibilità dell’opera. La solita carenza di fondi pure invocata la ritengo fuori discussione, trattandosi di un capolavoro del Caravaggio. Siamo certi che si troverà uno sponsor o un mecenate, o ancora potrebbe attivarsi il primo crowdfunding in Sicilia, come è stato per esempio per il restauro della Nike di Samotracia del Louvre, o, più immediatamente, introdurre un biglietto per vedere il dipinto nell’attuale collocazione (attualmente la visita è gratis) indicando la precisa destinazione dei proventi, e proponendolo, magari, come una sorta di acquisto di “un’azione per il Caravaggio”, per cui i visitatori, ma anche gli stessi cittadini, sarebbero invitati ad accedere a una quota-parte del patrimonio sostenendolo pure così. La riappropriazione dei beni collettivi passa anche attraverso queste forme di protagonismo sociale.
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