Un’altra nave, dopo quella approdata a novembre 2015, sta scaricando al pontile della cementeria Buzzi Unicem di Augusta circa 15.000 tonnellate di petcoke, uno dei combustibili fossili più inquinanti, insieme al carbone.
Solo grazie ad una legge emanata dal governo Berlusconi nel 2002, per salvare la raffineria ENI di Gela che lo produceva e la centrale termoelettrica che lo bruciava, il petcoke da rifiuto è diventato un combustibile utilizzabile anche nelle cementerie.
In Sicilia è impiegato nelle aree industriali di Gela e Augusta-Priolo-Melilli dove il concentramento di impianti petrolchimici, di cementerie e di centrali termoelettriche – con il corollario di decine di discariche di rifiuti tossici e pericolosi – ha prodotto l’avvelenamento dell’aria, dell’acqua e dei suoli e causa danni rilevanti alla salute dei residenti.
Da molti anni l’Istituto Superiore di Sanità ed altri organismi ribadiscono che occorre implementare i piani di risanamento, ridurre i fattori di rischio, migliorare gli interventi sanitari di prevenzione, diagnosi, terapia e assistenza. Alla domanda di queste vitali misure non arrivano, però, le dovute risposte da parte delle istituzioni preposte.
La colpevole mancanza di un serio e credibile piano industriale/ambientale (nazionale ma, soprattutto regionale) sta poi da troppo tempo provocando, da una parte, il proliferare di singole iniziative che moltiplicano gli impatti ambientali, senza significative ricadute occupazionali e, dall’altra parte, l’abbandono dei grandi gruppi (come l’ENI) che lasciano sul territorio migliaia di lavoratori disoccupati senza bonificare le aree che hanno inquinato.
Legambiente, da sempre in prima linea contro le trivellazioni petrolifere e nella battaglia per la messa al bando delle fonti fossili climalteranti e inquinanti come il petcoke, chiede – in nome del popolo inquinato – al governo Crocetta e a tutte le amministrazioni interessate di opporsi fermamente all’uso di questo pessimo combustibile e di favorire invece la produzione e l’uso delle energie pulite e rinnovabili.
(foto tratta dal web)
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