Sebastiano Lo Monaco, attore teatrale siciliano, è reduce dall’interpretazione di Teseo nell’Edipo a Colono
di Yannis Kokkos, regista greco curatore della tragedia di Sofocle, nell’edizione 2018 del Festival al teatro greco di Siracusa. Veterano dell’appuntamento nella città aretusea, di cui Lo Monaco è originario, l’attore ha una visione ampia e lungimirante sul dramma antico, di questo e del suo ultimo personaggio abbiamo parlato con lui.

Teseo è un po’ diverso rispetto ai personaggi ai quali sei abituato, cosa ti ha lasciato?
Finalmente ho interpretato un personaggio positivo. Di solito mi cimento con figure tormentate, “tragiche” come Edipo re, Filottete o Agamennone. Teseo, che non caccia Edipo, vecchio e cieco, considerato reprobo per le sue colpe, da Colono, in cui si è recato in cerca di esilio, è un personaggio del tutto positivo nei modi e nel linguaggio. Il sovrano ateniese possiede un profilo di grande attualità e utilizza concetti e parole “moderne” quali accoglienza, democrazia, comprensione delle altrui miserie. È un re, senz’altro, ma è anche un monarca illuminato nella patria della democrazia: l’Atene del V secolo. Un uomo alle prese con tematiche molto sensibili per noi, soprattutto nella nostra terra e nel momento storico che stiamo vivendo.

Insomma, si evince una sorta di identificazione psicologica, senz’altro ammirazione…
Non so se sono così illuminato e perbene come Teseo, nella mia vita. Però cerco di impegnarmi, nella mia quotidianità tento di avvicinarmi e di emulare la positività incarnata da personaggi come lui.

Sebastiano, perché un giovane dovrebbe accostarsi al dramma antico, come di fatto avviene con molta frequenza?
Per il teatro di Siracusa è una costante l’alta partecipazione di giovani. La causa profonda di un tale coinvolgimento non può che rintracciarsi in quello che il mondo greco ha rappresentato per la cultura occidentale, le cui radici affondano nell’humus delle grandi conquiste dei greci. La democrazia, la filosofia lo stesso teatro sono da ricondurre alla grandezza di un popolo che per primo si affrancò dalle necessità della contingenza storica, per volare in alto con il pensiero e l’arte. Tutte quelle conquiste pregnano la nostra modernità e i giovani ne sentono il richiamo. Il teatro classico affronta i drammi dell’umanità, contemporanei in ogni epoca, e i giovani sono attratti dalla loro “sincronicità”, come tutti gli altri e come in ogni tempo.

Il loro coinvolgimento nelle rappresentazioni del dramma antico è una speranza?
I giovani sono sempre più avanti rispetto alle generazioni precedenti. È un luogo comune ritenerli una categoria. Sono delle individualità con delle peculiarità specifiche, i nostri giovani sono come quelli di ieri. Alcuni incappano in messaggi negativi, altri vivono con maggiore serietà e sensibilità la ricerca di un loro posto nella vita. Nell’ambito di questo percorso tortuoso, i messaggi veicolati dalla tragedia greca offrono spunti e chiavi di lettura che, proprio in virtù di un parossismo senza tempo, risultano comprensibili e attuali a chi vive, nel suo animo, una stagione della vita connotata da sentimenti accesi e spinti all’eccesso.

Cosa porterai dentro di te di questa stagione?
L’incontro con un eccezionale cast d’attori e con questo regista, uomo sereno ed equilibrato che ha saputo trasmettere queste sue qualità a noi e al nostro lavoro, ma, soprattutto, ha saputo condurre questa nave in porto con grande successo.