Le raffinerie del Petrolchimico continuano a conferire reflui nell’impianto Ias di Priolo, posto sotto sequestro dal Tribunale di Siracusa per disastro ambientale.

Chiudere gli scarichi significa fermare le aziende

Una notizia confermata da una fonte autorevole della zona industriale di Siracusa, per cui l’interruzione, di punto in bianco, del flusso di rifiuti dagli impianti al depuratore Ias è praticamente impossibile, sotto l’aspetto tecnico. Secondo la stessa fonte, “chiudere lo scarico significa chiudere gli impianti, allo stesso tempo, per fermare gli impianti sono necessari gli scarichi”.

I dubbi

Eppure, il Tribunale, che ha accolto la richiesta della Procura di Siracusa, è stato molto chiaro sull’uso del depuratore, alla luce del provvedimento di sequestro. “Il depuratore dovrà continuare ad operare solo con riferimento ai reflui c.d. domestici, senza più poter consentire l’immissione dei reflui provenienti dalle grandi aziende del polo industriale“. Non lo sapevano i consulenti della Procura di questa difficoltà tecnica? O quanto raccontato dalla fonte, che ha competenze tecniche, non è vero. Staremo a vedere, sta di fatto che i reflui arrivano ancora all’Ias.

I dubbi

Il giudizio della fonte di BlogSicilia sull’impossibilità di fermare il flusso dei reflui dagli impianti all’Ias è condiviso da molte forze politiche, di ogni colore, che stanno spingendo perché si trovi nell’immediato una soluzione.

Il ricorso delle aziende

Frattanto, le aziende hanno pronti i ricorsi al provvedimento del Tribunale e contano anch’esse in una soluzione, in questo caso individuata dall’amministrazione giudiziaria, indicata in Pier Antonio Capitini.

Il peso della raffinazione

Il sequestro dell’impianto Ias rappresenta l’ultimo anello di una catena di episodi che vedono al centro il Petrolchimico di Siracusa, entrato in più crisi. La prima botta è stata inflitta dalla pandemia ma un colpo più deciso lo ha dato l’indirizzo dell’Unione europea sul divieto, a partire dal 2035, dell’uso, anche in Italia, dei mezzi alimentati con carburanti fossili. Una decisione che è stata la condanna a morte per la raffinazione  italiana, il cui peso specifico, circa il 30 per cento, è concentrato sulla Sonatrach e Lukoil, nel Siracusano. A peggiorare le cose ci hanno pensato prima la guerra e poi l’embargo al petrolio russo.

 

 

 

 

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