E’ destinata a fare giurisprudenza una sentenza di assoluzione nei confronti di un albergatore siracusano finito sotto processo per non aver versato la tassa di soggiorno nelle casse del Comune di Siracusa.

Il pm aveva chiesto due anni

L’imprenditore, difeso dall’avvocato Eugenio Risuglia, era stato rinviato a giudizio con l’accusa di peculato ed al termine della requisitoria il pm della Procura di Siracusa aveva sollecitato una condanna a due anni di reclusione ma per i giudici del Tribunale, presieduto da Carla Frau, il fatto non sussiste.

Una sentenza le cui motivazioni consistono nella circostanza che il peculato è un reato imputabile ad un pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio e l’albergatore non lo è.

La vicenda

Secondo quanto emerso nelle indagini, coordinate dai magistrati della Procura di Siracusa, l’albergatore nel periodo compreso dal gennaio del 2014 al dicembre del 2018  avrebbe “omesso di versare l’imposta di soggiorno dai propri clienti turisti” per un importo di circa 120 mila euro.

Il regolamento comunale

Nelle motivazioni della sentenza, i giudici del Tribunale di Siracusa hanno tenuto conto del regolamento comunale di Siracusa.

“Nella fase di riscossione e di incasso della tassa non emergono – si legge nella motivazione della sentenza – elementi idonei per ritenere l’albergatore soggetto di diritto pubblico, basti pensare, ad esempio, che non sussistono in capo allo stesso poteri coercitivi in caso di mancato versamento da parte del soggetto obbligato, cioè il cliente turista”.

“Non è un pubblico ufficiale”

In sostanza, se un albergatore non può costringere o sanzionare un turista che non intende pagare la tassa di soggiorno non può definirsi un pubblico ufficiale o un incaricato di servizio. E non essendo tale, non può essere accusato di peculato.

“Non peculato ma inadempimento di un obbligo”

“Appare, sommariamente considerando, che le somme che l’albergatore – si legge nelle motivazioni della sentenza -abbia posseduto a seguito di versamento nelle sue mani da parte dei propri clienti abbiamo fatto parte del proprio patrimonio personale e non già a quello del Comune; non si tratta, cioè, di denaro pubblico, sicché l’omesso versamento del predetto al Comune si è concretizzato non già in peculato, bensì in semplice inadempimento di un obbligo posto direttamente a suo carico”.