Steven Bradbury, oro olimpico nello short track 1000 metri. Per la stragrande maggioranza la sua impresa è stata un colpo di fortuna inenarrabile. Di quelli con la C maiuscola. Per pochissimi, invece, è – probabilmente – la compensazione di eventi più grandi. Nel frattempo a lui hanno dedicato un francobollo ed un’espressione gergale “Doing a Bradbury” (fare il Bradbury) che in Australia e nel linguaggio sportivo vuol dire “Vincere in seguito a circostanze miracolose”. A testimoniare una delle maggiori imprese sportive di ogni epoca e non solo relative ai Giochi a Cinque Cerchi resa celebre in Italia dal commento della Gialappa’s Band più che da quella originale.
Oggi l’impresa di Steven Bradbury compie 20 anni. Era il 16 febbraio del 2002 quando in un minuto e mezzo, tanto durò quella finale olimpica, vinse la medaglia d’oro nei 1000 metri dello short track (il pattinaggio velocità sul ghiaccio) ai Giochi di Salt Lake City. Contro ogni logica, contro ogni pronostico, contro gli avversari e contro un destino avverso.
L’incredibile cammino nei 1000 metri
Ma prima di arrivare all’epilogo, c’è anche da ricordare il cammino, tutt’altro che in discesa e che testimonia come tutto in quella giornata di metà febbraio del 2002 sorrise al velocista australiano. Bradbury non avrebbe dovuto disputare neppure le semifinali di quella gara.
Dopo aver vinto la sua batteria, infatti, Bradbury giunse terzo nei quarti di finale e venne eliminato. I favoriti Apolo Ohno e Marc Gaghnon rispettarono i pronostici ma il canadese (Gaghnon) venne squalificato lasciando un posto per le semifinali.
Bradbury rimane in piedi
Nel penultimo atto, l’australiano approfittò delle cadute di Kim Dong-Sung, Mathieu Turcotte e Li Jiajun e la squalifica di Satoru Terao. Una sorta di strike che gli fece vincere quella gara ed arrivare alla finale olimpica. Impensabile. I favoriti per le medaglie erano altri: Jiajun, Turcotte, Ohno e Ahn Hyun-Soo.
Ed in finale, fino all’ultimo giro, Bradbury è nettamente ultimo, quasi avulso dalla lotta per il podio. All’ultima curva dell’ultimo giro accade l’imponderabile: Jiajun cade per sorpassare Ohno, questi perde l’equilibrio e fa cadere anche il canadese ed il coreano. Bradbury è solo, con la pista spalancata e si permette il lusso di tagliare il traguardo con le braccia alzate, come un ciclista al termine di una fuga solitaria.
Arianna Fontana celebra la sua impresa
Ed oggi, nel giorno del ventennale di quell’impresa, Arianna Fontana, che proprio in queste ore ha vinto l’argento nei 1500 ai Giochi di Pechino 2022 diventando l’atleta azzurra più medagliata nella storia delle Olimpiadi invernali con 11 podi, ha celebrato il suo collega rispondendo al suo post su Instagram.
“Tutti quelli che conoscono la tua storia sanno che sei un esempio di resilienza, determinazione e coraggio. È stato e sarà sempre un grande momento del nostro sport (e non solo)”.
La fortuna di Bradbury
È indubbio che in quel giorno, il 16 febbraio del 2002, Steven Bradbury trovò condizioni a dir poco favorevoli: la squalifica di Gaghnon ai quarti di finale, le cadute multiple delle semifinali e della finale gli spalancarono la strada verso la gloria (eterna) sportiva.
Il clamore fu tanto così come i commenti che definirono il pattinatore sgraziato, un brutto anatroccolo rispetto ai tanti cigni della velocità di questa disciplina. Insomma, quasi tutti videro solo la fortuna.
La compensazione
Ma questa fortuna ha il suo rovescio della medaglia e l’oro olimpico di Steven Bradbury può essere sicuramente vista come una forma di compensazione del destino applicata alla vita ed allo sport.
Il pattinatore australiano, infatti, ebbe un inizio di carriera piuttosto promettente
All’inizio della sua carriera, Bradbury – classe ’73 – era considerato un pattinatore piuttosto promettente. Nel 1994, all’età di 21 anni, aveva ottenuto tre medaglie ai Mondiali della specialità (un oro, un argento ed un bronzo) tutte in staffetta nonché sempre in staffetta, un altrettanto prestigiosissimo bronzo olimpico ai Giochi di Lillehammer. Non proprio uno sconosciuto. E non proprio uno fortunato.
Il grave incidente del 1994
Tuttavia, la sua carriera ebbe rischiò di spegnersi prematuramente. Assieme alla sua vita. Sempre nel 1994, infatti, in una gara di Coppa del Mondo fu protagonista suo malgrado di un gravissimo incidente con altri atleti. Uno dei pattini gli trapassò il quadricipite da parte a parte. Gli furono applicati, come lui stesso ricordò, qualcosa come 111 punti di sutura e Bradbury perse in quell’occasione quattro litri di sangue.
Un incidente che chiaramente inciderà sulla sua carriera e sul suo talento.
Nel 2000 un nuovo infortunio
Ma il destino voltò le spalle a Bradbury anche nel 2000 quando si fratturò il collo e dovette passare sei settimane con un collare ortopedico. Non tutto, quindi, è andato per il verso giusto. Il grande merito di Bradbury è stato quello di non arrendersi mai. E, probabilmente, quello di sapere aspettare come più volte lui ammise nelle svariate interviste. La sua tattica, infatti, era quella di rimanere dietro al gruppo in attesa dell’errore.
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