Il conto alla rovescia verso i Mondiali del Qatar 2022 arriva a -2 e prosegue, così come il nostro viaggio nella storia della kermesse iridata attraverso alcune partite da ricordare al netto delle finali o di episodi particolari.

Ecco la seconda parte del nostro speciale. Qui la prima parte.

L’Italia ritrova Paolo Rossi e batte il Brasile al Sarrià

Italia-Brasile 1982 capitani a centrocampo

Il 5 luglio del 1982 allo stadio Sarrià di Barcellona, che oggi non esiste più, Italia e Brasile diedero vita ad una delle sfide più belle non solo di quel mondiale spagnolo a noi tanto caro ma anche nella storia della competizione targata Fifa. La battaglia del Sarrià.

Da un lato una delle Selecao più belle e spettacolari di sempre e che aveva ammaliato fin li battendo, sia pur con qualche difficoltà, avversarie quotate, in primis l’Unione Sovietica per poi passare a Nuova Zelanda e Scozia, mentre nel secondo girone aveva superato i campioni del mondo uscenti dell’Argentina per 3-1. Zico, Socrates, Eder, Falcao, Cerezo, Junior. Avevano sempre offerto prestazioni sontuose annichilendo i vari avversari affrontati.

L’Italia aveva sorpreso per la grinta mostrata con l’Argentina, battuta 2-1 in quel girone della seconda fase che se vinto porterebbe alle semifinali ma aveva stentato in un girone alla portata pareggiando con Polonia, Perù e Camerun in una sfida, quest’ultima, più drammatica del previsto e che grazie all’1-1 (Graziani e Mbida) permise agli Azzurri di Bearzot di passare alla fase successiva grazie al fatto di aver segnato nelle tre partite un gol in più rispetto ai Leoni indomabili pur avendo conquistato gli stessi punti.

In pochi, inoltre, erano emersi in una squadra che non aveva ancora un trascinatore. E che veniva bersagliata in patria da aspre critiche ed un Ct, Enzo Bearzot che fece da parafulmine sui suoi difendendo tutto, tutti ed in particolare il suo uomo: Paolo Rossi che era da poco ritornato in campo da una lunga squalifica per il calcioscommesse di due anni prima.

I pronostici sono tutti per i Verdeoro che, inoltre, hanno anche il vantaggio di avere a disposizione due risultati su tre. All’undici di Telé Santana bastava anche un pareggio perché avendo segnato un gol in più rispetto agli italiani nello scontro con l’Argentina, sarebbero passati per differenza reti in caso di arrivo a parità di punti.

Probabilmente fu questa la fortuna dell’Italia perché l’orgoglio di pensare “Noi siamo il Brasile, non ci accontentiamo del pareggio” di Socrates e compagni fece perdere loro concentrazione.

Paolo Rossi segna il momentaneo 1-0 in Italia-Brasile di Spagna 82

Insomma, tutto contro l’Italia. Perfetto: passano 5 minuti, Conti taglia il campo per Cabrini che centra in area perfettamente nel cuore dell’area. Non si capisce il perché Paolo Rossi sia libero da marcature, fatto sta che impatta comodamente di testa spiazzando Valdir Peres.

Ecco, ai tanti campioni sopracitati precedentemente, quel Brasile ebbe come contraltare due giocatori sicuramente buoni ma che in quel periodo non erano per niente in forma. Ed in due ruoli chiave. Il portiere Valdir Peres non disputò una Coppa del Mondo esaltante fino a quel momento (ed è ancora vivo il ricordo della sua papera con l’Unione Sovietica sul tiro un tiro non irresistibile di Bal); e l’attaccante che se pur andato a segno due volte in quel torneo iridato con Nuova Zelanda e pochi giorni prima con l’Argentina, sembrava uno dei punti deboli di quella squadra incredibile.

Ad ogni modo, il Brasile c’è. Eccome se c’è. Socrates si inventa un tiro tra palo e portiere non facendo fare una gran figura a Zoff. Un tiro che entra solo se sei Socrates. Ma Socrates, Eder, Junior, avevano piedi fatati. È 1-1 e siamo solo al 12’.

Pochi minuti dopo, Paolo Rossi fa capire perché Bearzot si ostinasse a presentarlo titolare. Cerezo sbaglia un passaggio in difesa passando verso la zona centrale della linea arretrata, Rossi si materializza dove c’è la palla e si invola verso la porta, prima di entrare in area lascia partire un bolide (nemmeno troppo angolato) che non dà scampo a Validr Peres. È il 25’, l’Italia torna inaspettatamente in vantaggio.

Nella ripresa il Brasile si catapulta in avanti. Gli Azzurri hanno il merito di non avere timori reverenziali. I Verdeoro però sono quasi extraterrestri. Zico al 68’ trova da lontano il varco giusto e con un missile trafigge Zoff. Il 2-2 qualifica il Brasile.

L’Italia lo sa e poco dopo torna ancora in vantaggio. Rossi, ancora lui, devia beffardamente una conclusione smorzata di Graziani su angolo respinto di testa dalla difesa sudamericana. Rossi, Rossi, Rossi, una tripletta da sogno per gli Azzurri, da Incubo per i brasiliani. Segna anche Antognoni ma il gol viene, ingiustamente, annullato per un fuorigioco che non c’è. Socrates e compagni provano a pareggiare ma Zoff nega il pareggio nel finale fece una parata… da Oscar, bloccando sulla linea il colpo di testa ravvicinato del difensore José Oscar Barnardi detto, appunto, Oscar.

L’arbitro israeliano Klein subito dopo fischia la fine. L’Italia vola in semifinale e correrà verso il suo destino vittorioso, verso il terzo mondiale, per il Brasile si trattò di una fragorosa caduta degli dei.

La Germania rimonta la grande Olanda di Cruijff

La solidità e la compattezza ribaltarono il calcio totale. Germania Ovest-Olanda, finale dei Mondiali del 1974 a Monaco di Baviera si può sintetizzare così. Ma anche i tedeschi occidentali padroni di casa ebbero i loro grattacapi.

Al fischio di inizio del britannico Jack Taylor, l’Olanda si esibì in una folta trama di passaggi. La Germania non toccò palla. Cruijff accelerò verso l’area e venne steso da Hoeness. Taylor decretò il calcio di rigore dopo un minuto. Clamoroso. Neeskens dal dischetto non sbaglia e l’Olanda, alla sua prima finale iridata, è in vantaggio senza aver fatto toccare palla ai padroni di casa.

Germania Ovest in bambola con Vogts ammonito. Tuttavia, la comprovata tempra teutonica cominciò a manifestarsi. L’iniziativa passò ai tedeschi che trovarono il pareggio al 25’ grazie ad un altro calcio di rigore. Holzenbein entrò in area e venne atterrato da Jansen. Paul Breitner freddò Jonbloed.

Entrambe le squadre ebbero l’opportunità di segnare il vantaggio. La Germania Ovest ribaltò la situazione al 43’ con un’azione innescata da Bonhof che arrivò a centrare il pallone in area dove si fece trovare pronto Gerd Muller che in mischia trovò il diagonale vincente da distanza ravvicinata.

Nella ripresa il canovaccio tattico è chiaro: Olanda all’arrembaggio. La Germania però segnò anche il 3-1 con Muller annullato per offside.

Il Miracolo di Berna ed il sospetto doping

La Germania Ovest vince il mondiale del 1954 battendo in rimonta la fortissima Ungheria di Puskas e compagni

Tra le finali più iconiche della Coppa del Mondo, c’è quella del 1954 che si giocò a Berna al Wankdorfstadion il 4 luglio tra la Germania Ovest e la grande Ungheria, campione olimpica in carica (oro vinto a Melbourne nel ’52) e vincitrice della Coppa Internazionale (l’antesignana degli Europei) nel ’53.

Una squadra nei quali militavano Kocsis, Hidegkuti, Puskas, Toth ed altri fuoriclasse. In più aveva demolito tutti gli avversari battendo pochi giorni prima in quello stesso torneo proprio i tedeschi per 8-3 ma fecero scalpore le vittorie su Brasile 4-2 ai quarti di finale e sui campioni uscenti dell’Uruguay sempre per 4-2 ma dopo i supplementari.

La Germania Ovest, nonostante l’ottimo cammino non sembrava per niente essere favorita. E l’8-3 subito nel girone eliminatorio dai magiari pesava pesantemente.

L’inizio fu devastante: l’Ungheria segnò 2 gol in 8 minuti con Puskas e Czibor. I tedeschi ebbero il merito di non abbattersi. Morlock al 10’ sfruttò un errore difensivo per sorprendere Zakarias ed accorciare le distanze. Rhan pareggiò 8 minuti dopo su angolo battuto da Walter.

Sorpresi da questa reazione, l’Ungheria cominciò a giocare da par suo nonostante l’inaspettata efficienza della formazione avversaria. Pesarono anche le precarie condizioni di Puskas, zoppicante. La controffensiva ungherese si concretizzò con un palo e con diverse parate di Turek. E quando il portiere non ci arrivava, il difensore Kohlmeyer salvava sulla linea.

Nella ripresa la pioggia che era caduta prima del match ed aveva risparmiato i 64mila presenti allo stadio si ripresentò rendendo le condizioni del campo più difficili. È sempre l’Ungheria a comandare il gioco. Tante le occasioni mancate ed una traversa simboleggiarono il momento poco fortunato. La porta per loro era stregata. La Germania, che arrivò atleticamente molto bene a questa finalissima, Rahn trovò il jolly all’84’. Era il 3-2. Il miracolo si stava concretizzando. L’Ungheria ci provò in tutti i modi e Puskas, ormai allo stremo e claudicante, pareggiò con un tiro mancino. Ma si concretizzò la beffa (o l’ingiustizia). L’arbitro inglese Ling su indicazione del guardialinee gallese Griffiths annullò per un fuorigioco quantomeno dubbio. Al ’90 Czibor sparò sul portiere Turek il tiro del possibile 3-3.

La partita si chiude col trionfo dei tedeschi. Gli sfavoriti avevano battuto i campioni olimpici in carica e sicuramente una delle squadre più belle in assoluto di quel periodo.

Ma alcuni mesi dopo quella finalissima, quasi tutti i componenti della nazionale tedesca si ammalarono di epatite. La Fifa non indagò ufficialmente nonostante voci insistenti di pratiche dopanti. Per la storia, la partita è ricordata come il Miracolo di Berna, ma i sospetti furono tanti e i dubbi non sono mai stati sopiti. Di certo, quell’Ungheria così forte avrebbe meritato miglior sorte.

L’impossibile si avvera, il Brasile prende 7 gol in casa

Il Brasile è una istituzione della Coppa del Mondo. Ha sempre partecipato fin dagli albori, ha vinto 5 titoli (1958, 1962; 1970; 1994 e 2002), due secondi posti e due terzi oltre a due quarti. Insomma, su 21 edizioni 11 volte è finito tra le prime 4.

E basta ricordare il risultato della semifinale dei campionati iridati che si disputarono proprio in casa verderoro, al Mineirao di Belo Horizonte l’8 luglio del 2014 per capire che si tratta di una pagina storica. Brasile-Germania 1-7. Basta questo. Il famoso Mineirazo che ricorda il Maracanazo (ci arriviamo a breve). Una vera e propria tragedia sportiva per i quasi 59.000 tifosi presenti allo stadio.

La squadra di Felipe Scolari venne annichilita dalla Germania di Joachim Low che poi si laureò campione del Mondo, unica squadra europea a vincere il titolo in Sudamerica. I tedeschi si “vendicarono” del 2-0 subito nella finale di Giappone Corea del Sud 2002.

Il match che aveva un pronostico logicamente aperto visto il blasone di entrambe le squadre, fu chiaramente a senso unico. Muller segnò all’11’ ma l’incredibile si manifestò tra il 23’ ed il 29’ quando il portiere tedesco Julio Cesar abdicò altre 4 volte per i gol Klose (il 2-0 valse al bomber ex Lazio il record assoluto di marcature nei mondiali toccando quota 16 e superando, guarda caso l’idolo verdeoro Ronaldo), la doppietta di Kroos e la marcatura di Khedira.

Un silenzio raggelante avvolse lo stadio: Brasile sotto di 5 gol in casa, in una semifinale mondiale. Difficile crederlo neppure in un videogioco, figuriamoci nella realtà.

La Germania nella ripresa non accelerò più di tanto ma i padroni di casa erano scossi e bastarono pochissime accelerazioni per altre due reti di Schurrle. Una partita a cui riuscì tutto alla Germania. Oscar accorciò le distanze. Poi pioggia di fischi.

L’Uruguay fece piangere il Brasile: è il Maracanazo

Si scrive Maracanazo, si legge dramma sportivo di un’intera nazione, il Brasile. Nella finale (formale) di quel Mondiale giocato davanti al pubblico amico, la nazionale Verdeoro viene sconfitto 1-2 dai maestri uruguagi davanti a quasi 200.000 persone.

Come disse Jules Rimet, ideatore della Coppa del Mondo che fino al 1970 portava il suo nome (ed era effettivamente un trofeo diverso), “Era tutto previsto, tranne la vittoria dell’Uruguay”.

Al Brasile, per vincere il suo primo e tanto agognato titolo mondiale, bastava un pareggio. La Coppa Rimet si assegnò per la prima ed unica volta al termine di un torneo che non prevedeva una vera e propria finale. Si disputò un mini-girone all’italiana di partite di sola andata tra le formazioni vincitrici dei quattro gruppetti eliminatori.

Alla vigilia del match, il Brasile guidava la classifica con 4 punti per aver vinto su Spagna e Svezia. L’Urugay inseguiva con tre punti avendo vinto con la Svezia e pareggiato con la Spagna.

Ne nacque una sfida che nel primo tempo l’Uruguay ingabbiò le folate dei padroni di casa che col passare dei minuti sentivano il peso del successo e della posta in palio sempre più pesante essendo una intera nazione già sicura della vittoria.

Al 47’ c’è l’apoteosi brasiliana: Friaca superò Mascoli con un diagonale servito da Ademir su azione avviata da Zizinho. Seguì la protesta del capitano uruguagio Varela che ritardò la ripresa del gioco. Una mossa che servì allo scopo di calmare gli animi sugli spalti ed all’Uruguay di rifiatare e non disunirsi. A posteriori fu questo il loro asso nella manica. Al 66’ Ghiggia accelerò improvvisamente e riuscì a mettere al centro per Schiaffino che solo davanti a Barbosa pareggiò.

Il parziale favoriva però ancora il Brasile che, tuttavia, non fu più lucido. Al 79’ si concretizzò il sorpasso uruguayano ed il dramma brasiliano. Ghiggia si involò sulla destra e mentre tutti, incluso il portiere brasiliano, si aspettavano il cross al centro per la presenza di tre compagni, l’attaccante tirò direttamente sul palo lasciato scoperto da Barbosa che si era piazzato per intercettare l’eventuale cross.

I brasiliani furiosamente provarono la via del pareggio ma non ci fu nulla da fare. Il dramma sportivo e non solo scese su tutto il Brasile con tanti suicidi e diverse morti per infarto e malori vari.