“Aldo Moro, quando viene rapito, sta facendo due operazioni, apparentemente sconnesse, ma che invece sono una in continuità con l’altra. Moro sta cercando di realizzare in Italia la democrazia compiuta”. Gero Grassi, ospite di Talk Sicilia, descrive il contesto che portò al rapimento ed all’uccisione di Aldo Moro nel 1978. A 45 anni dalla morte dello statista, l’ex parlamentare del Pd (e promotore della legge grazie alla quale è stata istituita una Commissione d’inchiesta parlamentare sulla morte di Moro) descrive il contesto geopolitico di quei terribili anni settanta e spiega perchè la strategia politica di Aldo Moro si rivelò una condanna a morte.
Moro tentò di costruire una democrazia compiuta
“Noi avevamo nel 78 un partito, la Democrazia Cristiana, che governava da trent’anni grazie ai voti , ed un partito che da trent’anni stava all’opposizione, il Partito comunista. Moro ritiene che non ci possano essere 12 milioni di elettori, quelli del PCI, sempre all’opposizione. Moro voleva fare un piacere ai comunisti? No, voleva fare un piacere alla democrazia italiana. Moro si rende conto che se io governo sempre e tu fai sempre opposizione, ci proviamo in un periodo di democrazia debole, incompiuta, imperfetta, che fa male ai cittadini. Quindi vuole trasformare il partito comunista troppo legato a Mosca, nonostante Berlinguer, in un partito socialdemocratico”.
Sul filo della strategia geopolitica, Moro parla di convergenze parallele, apre il dialogo al Pci di Berlinguer. Anche il segretario comunista rischiò di essere ucciso: in Bulgaria, con uno strano incidente stradale, raccontato con dovizia di particolare in un libro scritto da Luca Telese.
Moro e Mattei nel mirino dell’intelligence britannica
“Questa operazione già difficile si connette con una operazione che all’epoca fu impossibile. Nel febbraio 1945, con l’accordo di Yalta, il mondo viene diviso in sfere d’influenza. Gli americani e gli inglesi si prendono gran parte dell’Europa, compresa l’Italia. In Sicilia sorge un movimento che propone che la Sicilia vada addirittura a essere la stella aggiuntiva degli Stati Uniti. I russi prendono l’est dell’Europa. In questi accordi di Yalta, che sono rimasti segreti in alcuni aspetti per quasi sessant’anni, c’è un’intesa: gli americani non possono interessarsi di quello che succede nell’est, cioè nella parte comunista. I russi non possono preoccuparsi di quello che succede nell’Ovest, quindi nella parte democratica, compresa l’Italia”, spiega Grassi.
“Moro voleva destrutturare gli accordi di Yalta per eliminare l’influenza americana nell’Ovest. Quindi in Italia, in Francia, in Spagna, per rendere più democratica la nostra nazione. Ma nello stesso tempo voleva liberare gli ungheresi, i polacchi cecoslovacchi, dai carri armati e dal terrore sovietico negli anni 60”.
“Gli inglesi scrivono nei loro atti ufficiali che in Italia ci sono due matti. Uno è Enrico Mattei, presidente dell’Agip: è accusato dagli inglesi di depotenziare le sette sorelle, cioè le grandi società petrolifere anglo statunitensi, e di volere rendere autonoma l’Italia dal punto di vista energetico. L’altro matto, dicono gli inglesi, è Moro che vuole distruggere gli accordi di Yalta, senza il consenso dei vincitori della seconda guerra mondiale. Scrivono queste cose nei loro atti di governo: tentare di convincerli o, se è impossibile, adottare la soluzione finale. Enrico Mattei viene ucciso a Bascapè, a Pavia, nel 1962. Non ha importanza chi abbia messo la bomba, ma è importante che i vincitori della seconda guerra mondiale volevano uccidere Mattei, che poi partì da Fontanarossa, aeroporto di Catania. Nel 78 la stessa sorte tocca ad ad Aldo Moro, perché Yalta non si tocca”.
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