ROMA (ITALPRESS) – “Il bilancio dell’economia italiana dal nostro osservatorio è estremamente positivo. Diversamente dalle prospettive di una recessione che era data quasi per sicura, chiudiamo l’anno con una crescita in termini reali di circa il 4%”. Lo ha detto Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, in un’intervista all’Italpress.
“La crescita sui mercati internazionali continua a essere sostenuta e per quest’anno verranno superati per la prima volta per le vendite all’estero i 600 miliardi. Anche il tasso di disoccupazione è sostanzialmente in flessione. Da questo punto di vista l’economia italiana ha dimostrato una resilienza per molti versi insospettabile”, ha aggiunto.
Quanto al prossimo futuro, secondo Esposito “l’inflazione rappresenta il particolare elemento d’incertezza. Il nostro osservatorio sulle imprese ci dice che queste sono meno ottimiste rispetto al 2022, però per il 2023 il 60% ritiene la situazione sostanzialmente stabile e una percentuale piccola prevede addirittura un miglioramento. Quindi le imprese non vedono nero, anche se le previsioni macroeconomiche accreditano una crescita, a oggi, tra lo 0,3 e lo 0,7%”.
“Probabilmente – ha spiegato – il nuovo anno potrebbe riservare qualche sorpresa in positivo, ma rimangono due fattori da tenere sotto controllo: l’inflazione, che è un aspetto in buona parte esogeno perchè collegato ai rincari delle materie prime; l’altro aspetto sono i tassi d’interesse perchè le banche centrali stanno cercando con i rialzi di contrastare l’inflazione, probabilmente con un rimedio che non è del tutto appropiato, anche se ci rendiamo conto della particolare situazione. Questo potrebbe rendere molto più caro, e già lo sta facendo, il costo del credito soprattuto per le imprese più piccole frenando il processo d’investimento”.
In questo scenario si inserisce anche il caro energia: “Circa l’80% delle imprese italiane è preoccupato per i rincari. A oggi hanno cercato di mantenere il più possibile i prezzi e quindi hanno ridotto i propri margini, tanto che negli ultimi mesi c’è stata una contrazione di circa il 3% del mark up. Sicuramente è un elemento di preoccupazione, peserà in maniera consistente, ma le imprese più preoccupate sono quelle che hanno già degli elementi di timore per altri fattori. E’ come se una fetta interessante di imprese stesse metabolizzando il caro energia, anche se resta il più grosso punto interrogativo sulle prospettive di crescita per l’anno prossimo”, ha concluso Esposito.
“La crescita sui mercati internazionali continua a essere sostenuta e per quest’anno verranno superati per la prima volta per le vendite all’estero i 600 miliardi. Anche il tasso di disoccupazione è sostanzialmente in flessione. Da questo punto di vista l’economia italiana ha dimostrato una resilienza per molti versi insospettabile”, ha aggiunto.
Quanto al prossimo futuro, secondo Esposito “l’inflazione rappresenta il particolare elemento d’incertezza. Il nostro osservatorio sulle imprese ci dice che queste sono meno ottimiste rispetto al 2022, però per il 2023 il 60% ritiene la situazione sostanzialmente stabile e una percentuale piccola prevede addirittura un miglioramento. Quindi le imprese non vedono nero, anche se le previsioni macroeconomiche accreditano una crescita, a oggi, tra lo 0,3 e lo 0,7%”.
“Probabilmente – ha spiegato – il nuovo anno potrebbe riservare qualche sorpresa in positivo, ma rimangono due fattori da tenere sotto controllo: l’inflazione, che è un aspetto in buona parte esogeno perchè collegato ai rincari delle materie prime; l’altro aspetto sono i tassi d’interesse perchè le banche centrali stanno cercando con i rialzi di contrastare l’inflazione, probabilmente con un rimedio che non è del tutto appropiato, anche se ci rendiamo conto della particolare situazione. Questo potrebbe rendere molto più caro, e già lo sta facendo, il costo del credito soprattuto per le imprese più piccole frenando il processo d’investimento”.
In questo scenario si inserisce anche il caro energia: “Circa l’80% delle imprese italiane è preoccupato per i rincari. A oggi hanno cercato di mantenere il più possibile i prezzi e quindi hanno ridotto i propri margini, tanto che negli ultimi mesi c’è stata una contrazione di circa il 3% del mark up. Sicuramente è un elemento di preoccupazione, peserà in maniera consistente, ma le imprese più preoccupate sono quelle che hanno già degli elementi di timore per altri fattori. E’ come se una fetta interessante di imprese stesse metabolizzando il caro energia, anche se resta il più grosso punto interrogativo sulle prospettive di crescita per l’anno prossimo”, ha concluso Esposito.
– foto Italpress –
(ITALPRESS).
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