Nel nostro Paese vi è scarsa sensibilità sulla condizione dei detenuti. Il tema delle carceri strapiene e della rieducazione dei reclusi è pressoché ignorato dalla politica e dall’opinione pubblica. Vani gli appelli della chiesa, regolarmente ignorati. Anche l’editoria si occupa assai marginalmente di una questione di indubbio rilievo sociale ma poco appetibile sotto il profilo commerciale.

Piace perciò recensire un romanzo che ha come protagonista un ex recluso in stato di sorveglianza post detenzione. Il romanzo è “Caramelle Carruba” di Vito Falco pubblicato da Giambra, una casa editrice indipendente del messinese che si sta affacciando nel panorama siciliano con buoni propositi. Peraltro l’autore, Vito Falco, è docente in un istituto penitenziario e ben conosce la realtà carceraria.

Nel romanzo si raccontano due storie parallele: quella di Francesco che, dopo un lungo periodo di detenzione, inizia il percorso di riabilitazione a Marinella di Selinunte, e quella di Anna, una trentenne palermitana delusa dalla vita che si arrangia con lavori precari. Le loro vie s’incroceranno e l’incontro, del tutto casuale ma fatale, condurrà entrambi al riscatto. Francesco però dovrà ancora chiudere i conti con un passato infelice macchiato dalla partecipazione a una rapina.

Alla sua seconda prova narrativa (il primo romanzo “Intervalli di terza maggiore”, edito da Rubbettino, ha vinto il concorso “Parole nel vento”), Vito Falco conferma il suo talento. Un talento che si rivela nella capacità di raccontare storie con sorprendente semplicità di scrittura che si coniuga a un’architettura narrativa meditata e per certi aspetti stupefacente.

Come nel primo romanzo, i personaggi che animano la storia sono uomini e donne della più comune realtà quotidiana, il loro linguaggio è quello corrente, privo di orpelli, immediato ed essenziale. Con pochi colpi di penna, Falco ne disegna i profili, senza avventurarsi in pretenziosi scavi psicologici, riuscendo tuttavia a farne emergere i tratti caratteriali, le sofferenze interiori, i turbamenti, le ansie, i propositi di affrancarsi da un passato ingombrante, la voglia di rivincita e di rinascita.

Nella tecnica di scrittura di Falco, apparentemente elementare, si avverte l’eco della letteratura americana del secolo scorso: attraverso i dialoghi, copiosamente presenti, i personaggi svelano la loro identità.
Altro dato originale, nella struttura del romanzo basata su continui rimandi e varie digressioni ricondotti sapientemente al filo conduttore della storia, è la presenza di due protagonisti (Francesco e Anna), le cui debolezze e insoddisfazioni li rendono felicemente complici nel percorso di rinnovamento interiore. Attorno a loro, e potremmo dire a loro contorno, tante figure di secondo piano, “cammei” nel linguaggio cinematografico. Tra di esse il cane Undicieunquarto, compagno fedelissimo di Francesco.

Inutile sottolineare che una simile tecnica narrativa –sobria ma ricca di articolazioni- cattura il lettore. Il romanzo si legge rapidamente e coinvolge emotivamente sia per la storia raccontata –seducente di per sé e che si accende nel finale con una parentesi di thriller -, sia per l’ambientazione a cui l’autore dà particolare risalto: Selinunte, la sua spiaggia, l’affascinante archeologia, Poggioreale, di cui Falco è originario, paese fantasma rimasto quasi illeso dopo il terremoto del ’68 ma rovinato dall’incuria degli amministratori.

Non a caso Caramelle Carruba (200 pagine, 13 euro) è risultato finalista al Premio internazionale di Letteratura Città di Como 2018.

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