Con 7 assoluzioni e due condanne si è concluso il processo in primo grado al tribunale di Trapani scaturito da una costola dell’inchiesta sui lavori di riqualificazione del porto di Castellammare del Golfo. Vicenda che partì dalla bancarotta di società collegate all’appalto per la riqualificazione del porto castellammarese. Il processo arriva ad un suo primo pronunciamento a distanza di 7 anni da quell’operazione denominata “Dirty affairs”. Ad essere condannati soltanto Rosario Agnello e Domenico Parisi a 3 anni e 6 mesi di reclusione ciascuno. Assolti invece dai relativi capi di imputazione, che a vario titolo erano di favoreggiamento, associazione a delinquere e interesse privato in procedura esecutiva, l’ex vicesindaco di Alcamo Pasquale Perricone (difeso dagli avvocati Massimo Benenati e Ferruccio Marino), Salvatore Fratello (fratello dell’ex deputato regionale Norino, difeso da Sebastiano Dara), Santo Frazzitta (avvocato Massimo Benenati), Tiziana Piazza (avvocati Franco Galfano e Luigi Laudicina), Maria Claudia (avvocato Massimo Zaccarini), Pasquale Russo (avvocato Roberto Mangano) e Girolama Maria Lucia Perricone (avvocati Giovanni Lentini e Giuseppe Junior Ferro).

La bancarotta

In questo processo si è analizzato l’aspetto della bancarotta di due società che hanno fatto parte del famoso appalto per la riqualificazione del porto di Castellammare del Golfo, la Nettuno e la Cea. Alla fine il tribunale ha riconosciuto provata la bancarotta fraudolenta della sola Nettuno. Secondo l’originaria accusa si sarebbe messo in piedi un “comitato d’affari” che in modo spregiudicato avrebbe portato al fallimento di queste due società. Una sorta di fallimento pilotato, come era stato ipotizzato dalla guardia di finanza, in seguito al sequestro del cantiere del porto per l’utilizzo di cemento depotenziato. Le fiamme gialle ricostruirono i fluissi di denaro delle società sostenendo che fossero state appositamente “svuotate” a favore di altre imprese. Un buona sostanza ci sarebbero stati prelievi in contanti e assegni dalla Nettuno per oltre mezzo milione di euro.

Il vicesindaco

Nome di spicco sicuramente quello di Perricone, che è anche imputato nel processo principale che riguarda presunte ipotesi di corruzione. L’assoluzione è arrivata a conclusione di un dibattimento in cui il pm stesso ha chiesto l’assoluzione nonostante fosse intervenuta nel frattempo la prescrizione. L’ex amministratore invischiato perché ritenuto collegato in qualche modo alle società per la costruzione del porto. La sua posizione si è fortemente ridimensionata anche nel primo troncone del processo. Accusato di una sfilza di reati, per cui la Procura aveva chiesto addirittura 12 anni, fu condannato in primo grado a 4 anni e 9 mesi solo per corruzione. Nei suoi confronti nel frattempo anche una richiesta di misure di prevenzione per il sequestro di beni perché ritenuto “socialmente pericoloso”. Ma il tribunale delle misure di prevenzione rigettò tutto e non ci fu da parte della Procura alcun ricorso.

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