È finito l’incubo del primario del reparto di Oncologia dell’ospedale de L’Aquila che prese in carico il boss Matteo Messina Denaro affetto da un grave tumore al colon che poi è risultato fatale. Da mesi il medico era costretto a vivere sotto la stretta sorveglianza per via di minacce in stile mafioso subite.
Il primario prese in caricò il capomafia fin dal suo arrivo in città, durante la detenzione nel carcere de Preturo al 41 bis e poi all’ospedale – dove si ricorderà, è morto nel settembre dello scorso anno – e la vicenda inizia quando il direttore dell’Oncologia sul proprio profilo di un noto social viene raggiunto da tre messaggi minatori.
Le indagini della polizia, individuato e denunciato 21nne salernitano
Gli agenti della Squadra mobile della Questura ed i colleghi della polizia postale dell’Aquila sono risaliti all’autore, iscritto ora sul registro degli indagati della Direzione distrettuale antimafia (Dda) dell’Aquila con l’ipotesi di reato di minacce aggravate dallo stile mafioso. Il denunciato in stato di libertà è un giovane di 21 anni originario della provincia di Salerno.
Arrestati i figli dell’autista di Messina Denaro
Ieri, martedì 13 febbraio, i carabinieri del Ros e quelli del comando provinciale di Trapani e i poliziotti del Servizio centrale operativo hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, a carico dei fratelli Vincenzo e Antonino Luppino, figli di Giovanni Salvatore, imprenditore agricolo di Campobello di Mazara. Proprio Giovanni Luppino era l’autista di Matteo Messina Denaro e con lui venne arrestato il 16 gennaio del 2023 a Palermo.
I due fratelli sono accusati di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dall’essere stati commessi al fine di avvantaggiare Cosa Nostra. L’indagine, condotta nell’ambito delle indagini finalizzate a ricostruire la rete di fiancheggiatori che ha sostenuto l’allora latitante Messina Denaro, ha permesso, secondo gli investigatori, di raccogliere elementi che conducono a ipotizzare che i due indagati, assieme al padre (attualmente detenuto), “abbiano contribuito con le loro condotte al mantenimento delle funzioni di vertice del capo mafia castelvetranese, fornendogli prolungata e variegata assistenza durante la latitanza e partecipando al riservato sistema di comunicazioni attivato in suo favore”.
I soldi a Luppino
Dall’inchiesta emerge anche che Matteo Messina Denaro versava periodicamente all’imprenditore Giovanni Luppino, somme di denaro. I Luppino nel loro paese, Campobello di Mazara, hanno il soprannome di Mustusi derivante dal fatto che il nonno produceva vino e mosto. Secondo l’indagine del Ros questo li ricollega ai pizzini del capomafia che, negli appunti in cui annotava le spese, scrive di versamenti a Mustang. Si tratta di un nome in codice, secondo gli inquirenti, usato in assonanza col soprannome, proprio per indicare la famiglia Luppino. Nei diari Messina Denaro segna i soldi spesi per i fiori acquistati dopo la morte della moglie di Giovanni Luppino e per diverse cene e pranzi fatti in occasioni di compleanni dei figli coi quali evidentemente faceva abitualmente vita sociale.
Il trasloco nel covo
Inoltre Vincenzo Luppino, uno die due figli di Giovanni, autista di Matteo Messina Denaro, avrebbe curato, nel giugno del 2022, il trasloco del boss nell’ultimo covo. A confermarlo sarebbe stato il titolare della ditta di traslochi incaricata del servizio che ha raccontato agli inquirenti di essere stato contattato dal capomafia e di aver concordato con lui i mobili da portare in casa. Nelle operazioni, dice, venne coinvolto Vincenzo Luppino che aveva spostato e custodito la vecchia cucina di Messina Denaro nel suo garage.
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