E’ lunghissimo l’elenco dei colpi messi a segno della cosiddetta ‘banda dei siciliani‘, composta da 14 rapinatori, sgominata all’alba dalla polizia con l’operazione Coyote.

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L’inchiesta è iniziata, nel gennaio scorso per arrestare il dilagare del fenomeno delle rapine, dei furti alle attività commerciali e nelle abitazioni, tenendo sotto controllo diversi soggetti di Mazara del Vallo, pregiudicati per reati gravi contro il patrimonio.

Gli investigatori, in questo modo, hanno appreso che sul territorio mazarese era stato costituito ed operava un gruppo criminale ben radicato, un vero e proprio cartello di rapinatori, composto, tra gli altri, da Giuseppe Genco, Aldo Ferro e Giovanni Natalizii.

I tre, secondo quanto confermato anche dalla informazioni provenienti dalle fonti confidenziali, avevano intensificato le loro attività criminali, prendendo di mira attività commerciali quali tabaccherie, profumerie, attività di vendita di apparecchiature elettroniche, laboratori di lavorazioni di preziosi e inoltre avevano messo a segno delle rapine in abitazioni.

Il gruppo, che risultava essere anche in possesso di diverse armi comuni da fuoco, utilizzate anche per le rapine, si era avvalso della collaborazione di un palermitano, stabilmente residente a Mazara del Vallo: Luigi Terzo, gestore di una sala giochi a Mazara del Vallo, in via Valdemone, utilizzata come luogo di ritrovo per la pianificazione delle attività criminose da compiere e per la custodia delle armi.

È emerso dalle indagini, inoltre, il ruolo centrale ricoperto da Fabio Comito, palermitano con svariati precedenti penali e di polizia per reati contro il patrimonio e, soprattutto, in materia di sostanze stupefacenti. Comito Aveva già avuto ‘rapporti di collaborazione’ con criminali i mazaresi fondatori della banda ed era specializzato nella pianificazione e commissione di rapine in banca e alle attività commerciali di vendita di oggetti preziosi.

Nel contempo, Giovanni Natalizii si è dimostrato l’anello di congiunzione tra i mazaresi e due pericolosi gruppi di soggetti con precedenti penali e di polizia specifici per rapina, aventi per epicentro i due noti quartieri palermitani ad alta densità criminale di Ballarò e Brancaccio.

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Tra i colpi addebitati alla banda dagli investigatori, ipotesi confermata dalla Prcura di Marsala,  c’è la rapina a mano armata alla gioielleria in via Garibaldi a Vita, messa a segno nel tardo pomeriggio del 9 gennaio scorso, da più persone, alcune delle quali col volto travisato. Il bottino, in oggetti preziosi, è del valore di oltre 80 mila euro.

Da quel momento in poi è iniziata una complessa attività di indagine, anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche ed ambientali, che ha permesso di raccogliere elementi a carico di Giuseppa Aguanno , Aldo Ferro, Giuseppe Genco, Luigi Terzo, Giovanni Natalizzi, per i reati di di rapina pluriaggravata in concorso e di detenzione illegale di una pistola, utilizzata per commettere il reato. Il successivo sviluppo delle indagini, che si sono via via arricchite con l’attivazione di numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali, a carico dei soggetti che man mano sono risultati coinvolti nelle vicende delittuose, ha permesso di documentare la responsabilità penale riconducibile agli odierni indagati e, in alcuni casi, di sventare i loro propositi criminosi di seguito illustrati.

Nella serata del 3 febbraio, grazie alle intercettazioni in corso, gli investigatori hanno potuto comprendere per tempo i propositi della banda, allertando tempestivamente il personale del commissariato di Marsala, riuscendo così a sventare una rapina a una gioielleria in via Itria. Il gruppo criminale, in quel caso, è stato costretto a una rocambolesca fuga.

Il copione dei colpi in gioielleria della banda era sempre lo stesso: nei negozi entrava sempre una ‘finta coppia’, la donna era sempre Giuseppa Auguanno, che spianava la strada al resto del commando che entrava in azione armato e travisato, per far razzia di oggetti preziosi. Gli elementi acquisiti hanno permesso di denunciare oltre la Auguanno, anche Aldo Ferro, Giuseppe Genco, Fabio Comito, Tommaso Roberti, Carmine Zambon per il reato di tentata rapina pluriaggravata in concorso. Mentre  Aldo Ferro, proprietario di una delle autovetture utilizzate per commettere il reato, durante la fuga, ha dovuto abbandonare sbrigativamente il veicolo, al quale era stata applicata una targa precedentemente rubata, rimasto imbottigliato nel traffico. Al fine di precostituirsi un alibi, Ferro ha denunciato il furto dell’auto. Conseguentemente, è stato denunciato anche per i reati di ricettazione e simulazione di reato.

Altri due tentativi di rapina sono stati provati dalla banda al di là dello Stetto. Il 5 febbraio, alcuni dei componenti hanno raggiunto Ascoli Piceno per mettere a segno un colpo in una gioielleria. Anche in quel caso, grazie alla tempestiva analisi del materiale probatorio proveniente dalle intercettazioni, è stata segnalata alla Squadra mobile della Questura di Ascoli Piceno. Il colpo è quindi saltato. E grazie all’avvertimento Giuseppe Genco è stato a anche arrestato insieme Marco Cusimano, pregiudicato palermitano di 33 anni, colti in flagranza del reato di detenzione illegale di arma da fuoco e di munizioni.

Nei giorni successivi,nonostante gli arresti di Genzo e Cusimano, Fabio Comito e Giovanni Natalizii, hanno riorganizzato il gruppo per recarsi nuovamente ad Ascoli Piceno,per provare a mettere a segno il colpo fallito nella gioielleria. Anche in questo caso le intercettazioni hanno permesso di sventare sul nascere la rapina.