Calci e pugni contro un agente di polizia penitenziaria, la prognosi è di 30 giorni. Non si arresta l’ondata di violenza all’interno del carcere di piazza Lanza a Catania. A lanciare l’allarme è il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), attraverso le parole del consigliere nazionale per la Sicilia, Francesco Pennisi: “Ancora un’aggressione brutale contro un appartenente al corpo di polizia penitenziaria. Lunedì sera, intorno alle ore 20, un giovane agente è stato assalito violentemente da un detenuto, di origini straniere ma residente da anni in Sicilia, per motivi futili. Il poliziotto è stato colpito con pugni e calci, riportando un trauma cranico, ferite lacero-contuse al capo e danni alle costole. Trasportato d’urgenza in ospedale, i medici hanno stabilito una prognosi di 30 giorni”.

L’aumento della violenza e la richiesta di reinserimento del taser

Il sindacato torna a chiedere l’introduzione del taser come strumento di difesa e un urgente potenziamento dell’organico. “È essenziale – dichiara Pennisi – una risposta tempestiva e coordinata da parte dei vertici amministrativi, dalla Direzione ai livelli centrali del DAP”.

Stato di emergenza

Ancora una volta, insiste il sindacato, si registrano lacune nelle misure adottate finora dall’amministrazione penitenziaria: “È il momento di dichiarare lo stato di emergenza. L’attuale gestione carceraria in Sicilia ha evidenti falle, e la catena di comando è gravemente deficitaria. Ci chiediamo, per esempio, perché un detenuto già responsabile di precedenti episodi violenti non sia stato trasferito in una struttura più idonea. La polizia penitenziaria continua a essere vittima di scelte istituzionali inadeguate. I gruppi di intervento operativo si rivelano inefficaci se intervengono solo a danno ormai fatto. Serve ben altro per fronteggiare questa crisi”.

“Situazione fuori controllo”

A prendere posizione sull’evento è stato anche il segretario generale del Sappe, Donato Capece: “Da tempo denunciamo l’urgenza di espellere i detenuti stranieri, che oggi rappresentano quasi un terzo della popolazione carceraria. Scelte come la vigilanza dinamica e il regime aperto hanno contribuito al tracollo della sicurezza interna. Inoltre, la rimozione delle sentinelle dalle mura di cinta, la carenza cronica di personale e il mancato investimento in tecnologie di sicurezza rendono le carceri vulnerabili”

Poi conclude: “Si prenda finalmente coscienza della gravità dei fatti accaduti a Catania e si metta fine allo smantellamento della sicurezza penitenziaria. Le priorità devono essere protezione e controllo, non progetti che mettono a rischio chi lavora quotidianamente tra mille difficoltà nelle strutture detentive italiane”