Via i finanziamenti per strade, scuole e sicurezza: l’isola perde risorse cruciali. L’allarme arriva da più parti e viene rilanciato dall’eurodeputato Marco Falcone ma smentito dal Presidente della Commissione Trasporti Nino Germanà. uno scontro tutto interno alla maggioranza di centrodestra.
Il taglio da Roma: cosa sta accadendo
Un colpo durissimo per la Sicilia quello che deriva dalla scelta romana. Circa 900 milioni di euro inizialmente destinati a infrastrutture e manutenzioni sono stati “tolti” alla regione a vantaggio di altri progetti nel Nord del Paese La misura rientra in una revisione di 14 programmi ministeriali che sposteranno oltre 10 miliardi di euro fino al 2036, dirottando gran parte delle risorse proprio verso il Nord Italia, in particolare il Terzo Valico dei Giovi in Liguria e opere nel Nord-Est.
Tra i fondi tagliati, quelli per viabilità regionale, mobilità sostenibile, messa in sicurezza del territorio, rigenerazione urbana e piccole opere nei comuni. Un duro colpo che minaccia di rallentare pesantemente progetti già pianificati in tutta l’isola.
L’appello di Falcone: “Rivedere la decisione”
A protestare adesso è l’eurodeputato Marco Falcone (Forza Italia – PPE), che ha definito la scelta “una penalizzazione ingiustificabile”. “Non vogliamo privilegi, ma pari dignità – ha dichiarato -. Togliere certezze alla Sicilia significa frenare lo sviluppo in una fase cruciale”.
Falcone ha poi sottolineato come l’isola, crocevia strategico nel mediterraneo, debba essere valorizzata, non marginalizzata. Da Bruxelles ha garantito l’impegno a vigilare, affinché la Sicilia non venga lasciata indietro.
Le ragioni del Governo: “Spendere dove si può”
Secondo il Governo, la rimodulazione nasce dalla necessità di accelerare la spesa pubblica: molti progetti in Sicilia sarebbero ancora in fase preliminare, mentre quelli del Nord risultano già cantierabili. Un criterio di efficienza, che però finisce per premiare le aree più avanti e penalizzare chi è in ritardo, per motivi spesso storici e strutturali.
Anci e Ance al fianco della protesta
Accanto alla politica, anche il mondo degli enti locali e delle imprese edili esprime preoccupazione. Anci Sicilia e Ance parlano di una scelta dannosa che comprometterebbe non solo lo sviluppo infrastrutturale dell’isola, ma anche la tenuta occupazionale del settore edilizio e la sicurezza dei territori.

Salvo Russo – Presidente Ance Sicilia
Addirittura, secondo Salvo Russo, presidente di Ance Sicilia, ovvero dei costruttori, la somma che “sparisce” sarebbe di 3 miliardi. Lo dice riferendosi al “taglio del 70% dei fondi di Province e Comuni per manutenzione strade,
rigenerazione urbana e messa in sicurezza di edifici e territorio (circa 800 milioni), fondi che andranno a favore di opere in Liguria e Veneto e senza indicare se e quando saranno rifinanziati; all’esclusione dal ‘Pnrr’ di due lotti della ferrovia Palermo-Catania, cioè il lotto Dittaino-Catenanuova (588 milioni) e 13 dei 15 km del lotto Dittaino-Enna (buona parte dei 594 milioni stanziati) nonché del by-pass di Augusta (116 milioni), senza specificare quando e con quali risorse saranno rifinanziati; e alla quota della Sicilia, almeno un miliardo, dei 15 miliardi di risorse non impegnate del ‘Pnrr’ che si
vogliono destinare al sostegno dell’export delle aziende”.
Tutto ciò, unito all’invito della Commissione Ue a rimodulare anche parte dei fondi di Coesione per infrastrutture a favore di tecnologie innovative, colonnine di ricarica, bonus acquisto auto elettriche e settore Difesa, suona il ‘de profundis’ alla Sicilia”.
Russo ricorda che “prima di pensare a nuove produzioni e più export, la prima emergenza da risolvere è fare uscire la Sicilia dal suo isolamento, colmando il divario infrastrutturale e dotandola di collegamenti efficienti, logistica e rotte commerciali. Molte zone sono isolate o difficilmente raggiungibili e molte strade sono disastrate e frequentemente interrotte perché i 14mila km di viabilità interna sono privi di manutenzione dal 2014, da quando sono state abolite e commissariate le Province, con l’unica parentesi degli interventi
programmati e in parte realizzati dalla Regione in funzione sostitutiva negli ultimi anni e, proprio ora che il governo regionale è riuscito a ricostituirne le governance, lo Stato toglie alle Province i fondi per le strade! Poi – prosegue Russo – per sostenere l’export della Sicilia è stata individuata come base strategica il porto di Augusta, e proprio ora viene definanziato il suo collegamento alla rete ferroviaria! E non ci potrà mai essere export competitivo fino a quando per spedire in Africa, cioè dietro l’angolo, le nostre imprese dovranno fare capo ai porti di Genova e Trieste”.
Il presidente di Ance Sicilia, inoltre, evidenzia che “non c’è più traccia del completamento del raddoppio ferroviario Palermo-Messina” e che “senza ferrovie completate e Ponte non potrà mai esserci trasporto ferroviario merci in Sicilia, perché per tratte inferiori ai 300 km non è economicamente sostenibile. Analogamente, sulla scia delle iniziative adottate dal governatore Schifani, bisogna investire ancora più massicciamente sulle infrastrutture idriche perché l’acqua è fondamentale, oltre che per i fabbisogni primari della popolazione, anche per le attività produttive così come per la realizzazione delle opere. Abbiamo visto come l’Alta velocità in alcuni cantieri abbia subito rallentamenti a causa della mancanza d’acqua. E uscire dall’emergenza depurazione, per la quale siamo in procedura di infrazione Ue, aiuta anche a recuperare risorsa idrica. Senza tutte queste precondizioni non ci potrà mai essere produzione tecnologica né export che tengano; quindi, con questa manovra si rischia di togliere risorse alle infrastrutture strategiche della Sicilia per sprecarle in investimenti che non potranno avere futuro”.
“Avevamo salutato con estremo favore – commenta amaramente Salvo Russo –
gli ingenti stanziamenti, quasi in contemporanea, a favore dello sviluppo della Sicilia, fra cui il ‘Pnrr’, la nuova Politica di coesione e il Ponte sullo Stretto, perché davano una risposta coerente alla necessità di colmare il divario infrastrutturale dell’Isola e di collegarla ai corridoi transeuropei attraverso il completamento della rete autostradale e ferroviaria, la connessione dei porti alla rete di trasporto e la sistemazione della viabilità interna. Avevamo sperato in una decisa volontà dello Stato di fare sì che finalmente, dopo 25 anni, la Sicilia non fosse più l’ultima delle 240 Regioni europee assieme alla Guyana francese, terra d’oltremare in Sudamerica. Invece, con la stessa solerzia con la quale sono stati assegnati, d’un colpo e nel silenzio generale la sottrazione alla Sicilia di circa 3 miliardi suona come l’ennesima beffa, per la maggior parte in favore, ancora una volta, del già ricco Nord. Sembra di vivere un incubo, speriamo di svegliarci e di scoprire che è stato solo un brutto sogno. Per questo Ance Sicilia – conclude Salvo Russo – auspica che da parte di tutte le forze politiche ci sia una decisa e unitaria presa di posizione per fare sì che, con
estrema chiarezza e senza tentennamenti, si dica esattamente cosa si vuole fare per dare un futuro alla Sicilia, con quale strategia complessiva a lungo termine e con quali soldi”.
Inviti ad una marcia indietro
La speranza, ora, è che il Governo possa fare marcia indietro o quantomeno riequilibrare gli stanziamenti. In caso contrario, la frattura tra Nord e Sud rischia di ampliarsi, proprio nel momento in cui l’Italia dovrebbe mostrarsi coesa nella gestione delle risorse straordinarie post-pandemia.
Una questione nazionale
Il caso dei tagli infrastrutturali si inserisce in un quadro più ampio di fragilità nei rapporti tra Stato e Regioni, con il Mezzogiorno spesso percepito come sacrificabile per esigenze di bilancio e velocità esecutiva. Il dibattito è solo all’inizio, ma una cosa è certa: senza un immediato intervento correttivo, la Sicilia rischia di perdere una nuova, ennesima occasione di crescita.
A smentire tutto snocciolando numeri è il senatore leghista Nino Germanà presidente della Commissione Trasporti






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