Un delitto efferato scuote Gemona del Friuli: Alessandro Venier, 35 anni, ucciso e smembrato da madre e compagna. La confessione di Lorena Venier rivela un piano premeditato, tra violenze domestiche e un trasferimento in Colombia mai avvenuto.
Gemona del Friuli, in provincia di Udine, è sotto shock dopo il ritrovamento del corpo di Alessandro Venier, 35 anni, ucciso e smembrato nella cantina della sua abitazione in via dei Lotti 47.
Il delitto, avvenuto il 25 luglio scorso, è stato confessato dalla madre, Lorena Venier, 61 anni, infermiera rispettata nella comunità, e dalla compagna della vittima, Mailyn Castro Monsalvo, 30 anni, di origini colombiane. Le due donne, arrestate il 31 luglio dopo una chiamata al 112, hanno ammesso le loro responsabilità in un crimine che la Procura di Udine ha definito “pluriaggravato” per premeditazione, vincolo di parentela e occultamento di cadavere.
La telefonata che ha svelato l’orrore
La mattina del 31 luglio, Mailyn Castro Monsalvo ha contattato il numero di emergenza 112, pronunciando frasi confuse e concitate. Secondo quanto riferito dall’operatrice, in sottofondo si udiva una voce, presumibilmente quella di Lorena Venier, che diceva “No, no”. La chiamata, descritta come “confusa e concitata”, ha spinto i carabinieri a recarsi immediatamente nell’abitazione di via dei Lotti. Qui, le due donne attendevano i militari, indicando un bidone nell’autorimessa dove il corpo di Alessandro, sezionato in tre parti e coperto di calce viva, era stato nascosto per cinque giorni. La calce, acquistata online prima del delitto, serviva a mascherare l’odore della decomposizione, a riprova di una pianificazione accurata.
La confessione di Lorena Venier
Lorena Venier, durante un lungo interrogatorio davanti al pubblico ministero e al giudice per le indagini preliminari (Gip) Mariarosa Persico, ha fornito una ricostruzione dettagliata del delitto. “Mi sono occupata da sola del ‘depezzamento’ di Alessandro: ho utilizzato un seghetto e un lenzuolo per contenere il sangue e l’ho sezionato in tre pezzi: non ci sono stati schizzi, per questo i carabinieri hanno trovato tutto in ordine”, ha dichiarato la donna, sottolineando che Mailyn è intervenuta solo per spostare i resti nell’autorimessa. Lorena ha descritto il delitto come un “atto mostruoso” ma necessario, motivato dalla paura per la sicurezza di Mailyn e della loro bambina di sei mesi. “Pensavamo di poter fare tutto da sole, una volta sezionato, sarebbe bastato attendere che si consumasse prima di portarlo in montagna”, ha aggiunto, rivelando un piano per far sparire il corpo, giustificato con la partenza annunciata di Alessandro per la Colombia.
Un movente radicato nella violenza domestica
Secondo la confessione di Lorena, il delitto è stato il culmine di mesi di violenze domestiche subite da Mailyn per mano di Alessandro. La donna ha riferito che “la vita di Mailyn era in pericolo” e che l’uomo, descritto come aggressivo e incline a scoppi di rabbia, rappresentava una minaccia costante. La decisione di agire è stata accelerata dall’imminente trasferimento di Alessandro in Colombia, previsto per il 26 luglio, dove intendeva portare con sé Mailyn e la loro figlia. Su Alessandro pendeva una condanna per lesioni personali gravi, prossima a diventare esecutiva, che gli avrebbe impedito l’espatrio. Questo, secondo gli inquirenti, avrebbe spinto l’uomo ad affrettare la partenza, alimentando il timore delle due donne di un futuro isolato e pericoloso.
Il ruolo di Mailyn Castro Monsalvo
Mailyn Castro Monsalvo, madre della bambina di sei mesi nata dalla relazione con Alessandro, è accusata di essere l’istigatrice e coautrice materiale del delitto. Secondo Lorena, fu Mailyn a dire: “L’unico modo per fermarlo è ucciderlo”. Tuttavia, la giovane colombiana, in cura per una sospetta depressione post partum, non ha ancora fornito una versione completa dei fatti, avvalendosi della facoltà di non rispondere durante l’udienza davanti al Gip.
Il 31 luglio, un malore in carcere ha richiesto il suo trasferimento in ospedale, dove è stata tenuta sotto sorveglianza per prevenire gesti autolesionistici. La difesa di Mailyn, rappresentata dall’avvocata Federica Tosel, ha ottenuto la custodia attenuata in un Istituto a Custodia Attenuata per Madri (ICAM) a Venezia, in virtù della legge che tutela le detenute con figli minori di un anno. I lividi recenti trovati sulle braccia di Mailyn, non compatibili con la data del delitto, sollevano dubbi su possibili tensioni con Lorena al momento della chiamata al 112.
Un piano premeditato nei dettagli
La Procura di Udine, coordinata dalla sostituta procuratrice Claudia Danelon, ha contestato a entrambe le donne l’omicidio pluriaggravato, con l’aggiunta dell’accusa di istigazione per Mailyn e di organizzazione del delitto per Lorena. L’acquisto anticipato della calce viva su Amazon e la data del delitto, coincidente con la vigilia della partenza di Alessandro, rafforzano l’ipotesi della premeditazione. Gli inquirenti hanno notato l’assenza di tracce ematiche nella villetta, suggerendo che le donne abbiano ripulito accuratamente la scena del crimine.
L’autopsia, il cui incarico sarà assegnato lunedì 4 agosto, dovrà chiarire se Alessandro sia stato narcotizzato con farmaci o insulina prima di essere strangolato con un laccio da scarpe, come descritto da Lorena. Un perito della difesa di Mailyn parteciperà all’esame, mentre l’avvocato di Lorena, Giovanni De Nardo, ritiene improbabile la nomina di un consulente per la madre, data la sua “piena assunzione di responsabilità”.
Le condizioni psicologiche delle accusate
Lorena Venier, descritta come una figura rispettata a Gemona per il suo lavoro di infermiera, sarà sottoposta a una perizia psichiatrica, come richiesto dal suo avvocato. La donna, che di recente si era sottoposta a un intervento per la riduzione dello stomaco, soffriva di problemi neurologici che potrebbero aver influito sul suo stato mentale. Mailyn, invece, era seguita da uno psichiatra per la possibile depressione post partum, come citato poco su, un fattore che ha contribuito alla decisione del Gip di concederle la custodia attenuata. Entrambe le donne sono sotto stretta sorveglianza per prevenire gesti autolesionistici, segno della pressione psicologica che stanno affrontando.
Il futuro della bambina
La figlia di sei mesi di Alessandro e Mailyn è stata affidata ai servizi sociali del Comune di Gemona, che si stanno occupando di garantirle sicurezza e un futuro stabile. Una mobilitazione straordinaria ha visto parenti materni e cittadini da tutta Italia offrire disponibilità per l’affido o l’adozione. Il sindaco di Gemona, Roberto Revelant, ha dichiarato: “Tutta Gemona si stringe attorno a lei. Ce ne stiamo occupando, attraverso i servizi sociali, con la massima attenzione, per garantirle un futuro dignitoso”.






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