“Fino a che non ci scappi il morto.” Non è uno slogan, ma l’amara e drammatica sintesi di ciò che accade ogni giorno nelle carceri italiane. Come denunciato dal CNPP (Corpo Nazionale Polizia Penitenziaria), le aggressioni al personale non sono più “episodi isolati”, ma sono diventate spaventosa ordinaria amministrazione, in un sistema dove la tutela per chi indossa la divisa è virtualmente inesistente.

 Ucciardone, dieci agenti feriti in un solo giorno: l’allarme è massimo

L’ultimo, gravissimo episodio che ha riportato l’emergenza in prima pagina arriva dall’Ucciardone di Palermo, dove dieci agenti sono rimasti feriti in un’unica, violentissima aggressione. Dieci servitori dello Stato colpiti contemporaneamente, dieci famiglie piombate nell’ansia, dieci vite messe a rischio mentre le risposte istituzionali continuano a non essere all’altezza della gravità.

 La denuncia del Cnpp: “gestione fallimentare”

Il Segretario Nazionale Cnpp, Maurizio Mezzatesta, ha espresso una forte e crescente preoccupazione per la salute fisica e psicologica degli agenti.

“Non si può più parlare di episodi isolati, ma di un modello di gestione fallimentare che sta mettendo a repentaglio l’incolumità degli operatori penitenziari,” afferma Mezzatesta.

La denuncia si concentra su un paradosso istituzionale: detenuti responsabili di ripetuti episodi di violenza rimangono spesso nello stesso carcere, a volte nello stesso reparto, a contatto con gli agenti che hanno aggredito e mandato in ospedale. Nel frattempo, altri detenuti, magari a fine pena e colpevoli di reati meno gravi (come il possesso di un cellulare), vengono trasferiti con sorprendente rapidità. Una gestione definita “schizofrenica” che lascia il personale senza logica né protezione.

 Colleghi in ospedale, i violenti ancora “liberi di colpire”

Negli ultimi giorni, altri agenti sono finiti in ospedale in diverse città, ma il copione non cambia: i detenuti già noti per comportamenti violenti continuano a restare nelle stesse strutture. Questo paradosso non solo alimenta la frustrazione e la paura, ma genera un profondo e doloroso senso di totale abbandono istituzionale.

Siracusa: Otto Contro Uno. Un collega è stato aggredito da ben otto detenuti in condizioni di quasi totale solitudine operativa. Una scena emblematica che mostra l’incapacità del sistema di garantire il minimo livello di sicurezza al suo personale.

Augusta: Olio Bollente Lanciato Contro un Agente. Ad Augusta si è arrivati all’uso di mezzi brutali, con il lancio di olio bollente contro un agente. Un’aggressione violenta, da tempi “medioevali”, che evidenzia come la situazione sia ormai fuori controllo.

Se questo non è un bollettino di guerra, cos’è?

La sequenza di questi episodi assomiglia sempre meno alla cronaca di istituti penitenziari e sempre più a quella di un fronte bellico. Chi lavora ogni giorno tra quelle mura è lasciato senza mezzi, senza uomini e senza tutele adeguate.

Se non è un vero bollettino di guerra, allora cos’altro deve ancora accadere? L’appello lanciato dal personale è un grido disperato: si continua a ignorare l’emergenza, a minimizzare e a rinviare l’adozione di misure concrete e immediate, confermando il timore che si aspetterà ad agire “finché non ci scappi il morto.”