Antonio Perna

Giornalista free-lance, tessera Odg 58807, cronista dal 1986 anno in cui l'Italia per la prima volta si connette a Internet

Tutti i post

Un’immagine attraversa la storia europea come una cicatrice mai del tutto rimarginata: il Muro.

Lo abbiamo visto a Berlino, simbolo di un secolo spaccato in due, di popoli sorvegliati, di libertà negate.

Oggi molti osservatori sostengono che Vladimir Putin stia tentando di erigerne un altro, non più di cemento ma di ideologia, strategia e cultura politica. Un Muro di Kyiv, così potremmo chiamarlo: un confine mentale prima ancora che militare, capace di separare l’autocrazia da ciò che egli percepisce come minaccia esistenziale, le democrazie.

Secondo questa lettura, la democrazia — soprattutto quando prospera ai confini — è percepita come un acido corrosivo dal potere autocratico: ne erode la legittimità, ne insidia la narrazione, ne incrina il mito. Per questo occorre allontanarla, screditarla, dichiararla corrotta e degenerata. Serve un muro di influenza, di territori controllati o intimiditi, di governi dipendenti, di infanzie sottratte e rieducate, di propaganda industrializzata, di soldati digitali e hacker, di alleanze costruite sugli affari e sulla compravendita di “utili idioti” in Occidente. È questa la struttura che molti intravedono nel cosiddetto “piano di pace” che la Russia propone come sua visione dell’ordine internazionale.

Ma la novità più inquietante — e qui entriamo nelle percezioni e nelle analisi di molti critici della stagione politica americana recente — è la collocazione degli Stati Uniti. Con Donald Trump, affermano costoro, una parte dell’America sembra collocarsi dall’altra parte del Muro, abbandonando quell’idea di democrazia liberale che per decenni aveva esportato e difeso.

Perché?

Perché, sostengono gli analisti più severi, la dottrina trumpiana e quella putiniana condividerebbero alcuni tratti genetici: una diffidenza radicale verso la democrazia parlamentare, verso i partiti, verso le “vecchie” istituzioni europee; e poi la centralità degli affari, la politica come intermediazione tra poteri economici, come trattativa perenne nei tavoli degli oligarchi. Petrolio e gas da una parte; tecnologia, piattaforme digitali e algoritmi dall’altra. È la logica delle corporation applicata allo Stato: Autocrazia S.p.A. accanto a America S.p.A.

A questa visione si associa anche la teoria di certi magnati della Silicon Valley, che immaginano di disintermediare la democrazia inglobandola dentro comunità digitali proprietarie. Una sorta di “casaleggismo globale”, dove il cittadino diventa utente, e il voto si trasforma in un clic dentro un sistema privato.

E in questo disegno, l’Europa — dicono costoro — non solo è marginale: è un ostacolo. Non deve contare, qualcuno arriva a dire che non deve neppure esistere come soggetto politico autonomo. È una percezione che ritroviamo anche in certe letture della nuova strategia di sicurezza americana, che immagina equilibri diversi, nuove convivenze con Russia e Cina, un mondo organizzato più per sfere d’affari che per valori.

E la Cina?

La Cina, in questa geografia ideologica, gigioneggia e manovra dietro le quinte perché gli affari sono affari e Putin serve alla causa di un mondo multipolare dove il più forte è quello che non appare ma finisce per dare le carte…

Ecco dunque il mondo che ci circonda. Un mondo che corre veloce verso forme di potere nuove e allo stesso tempo antichissime.

E l’Europa?

L’Europa è al bivio che l’ha inseguìta per decenni: diventare finalmente se stessa oppure dissolversi nelle orbite altrui, scegliere fra “fare l’Europa” o cercare un padrino, o magari — come dicono i più disillusi — una piccola casa nel bosco in cui nascondersi.

Ma la storia, insegnava qualcuno, non aspetta. E neppure i muri.

Questo contenuto è stato disposto da un utente della community di BlogSicilia, collaboratore, ufficio stampa, giornalista, editor o lettore del nostro giornale. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore. Se hai richieste di approfondimento o di rettifica ed ogni altra osservazione su questo contenuto non esitare a contattare la redazione o il nostro community manager.