• La vittima è un operaio a cui sono stati spillati 11 mila euro
  • Quattro le persone coinvolte nell’estorsione
  • Due le condanne emesse in primo grado
  • Uno degli imputati è tornato a casa

Nelle settimane scorse, Simone Manenti, 39 anni, di Noto, è stato condannato a 7 anni di reclusione per un’estorsione ai danni di un operaio. Ma il giudice del tribunale di Siracusa, accogliendo l’istanza del difensore dell’imputato, l’avvocato Junio Celesti, ha disposto la scarcerazione “in quanto si sono attenuate le esigenze cautelari” per il 39enne,  che è tornato a casa, ai domiciliari. Insieme a lui, il gup del tribunale ha condannato a 6 anni ed 11 mesi  Corrado Rizza, 44 anni, rappresentato dall’avvocato Stefano Andolina.

La vicenda

I due, nel maggio scorso, erano finiti in un’operazione degli agenti del commissariato di polizia di Noto che, in quella circostanza avevano arrestato altre due persone, anch’esse accusate di estorsione e tutte quante destinatarie di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Siracusa, Carmen Scapellato.

Le indagini hanno avuto inizio nel marzo scorso, dopo la denuncia di una vittima, un operaio, che, secondo la tesi della Procura di Siracusa, era diventato il bancomat della presunta banda, come sarebbe emerso nelle intercettazioni telefoniche e nei messaggi su WhatsApp acquisiti dalla polizia.

Le richieste alla vittima

All’operaio sarebbero state chieste, in un primo momento, delle piccole somme in denaro, fino a 50 euro. Con il passare dei giorni, quelle pretese, condite da minacce, sarebbero state più pressanti ma, a turno, tutti gli altri avrebbero approfittato della vittima che avrebbe ceduto complessivamente circa 11 mila euro. Ad un certo punto, Rizza, dalle informazioni in possesso alle forze dell’ordine, sarebbe sparito dalla circolazione con i soldi in mano, scatenando  la reazione degli altri complici, che si sarebbero messi alla sua ricerca.

Lite tra gli indagati

A quanto pare, Rizza avrebbe subito una lezione durissima da Manenti e da un altro, che lo avrebbero preso a botte, ma dopo quella “spiegazione” il gruppo si sarebbe ricompattato. La momentanea fuga di Rizza sarebbe stata motivata, per gli agenti di polizia al comando del dirigente Paolo Arena, da alcuni suoi debiti legati al commercio di droga. Gli stessi che avrebbe avuto Manenti, il quale avrebbe provato a sua volta a prendere i soldi della vittima, all’insaputa dei complici, ma gli è andata male perché è stato arrestato in flagranza di reato dai poliziotti del commissariato di Noto.