Covid19 e scuola: sul ritorno degli studenti in classe in Sicilia, nei giorni scorsi, si è consumato quello che è definibile un vero e proprio scontro tra i sindaci da una parte e la Regione e lo Stato dall’altra.
I primi cittadini con apposite ordinanze, avevano mantenuto le scuole chiuse, sino alle numerose sentenze di annullamento del Tar.
Sono stati diversi, come BlogSicilia vi ha raccontato, gli appelli per applicare la didattica a distanza per tutto il mese di gennaio, appelli lanciati da associazioni e genitori preoccupati, soprattutto i genitori degli alunni più fragili. Quale è la situazione allo stato attuale?
Se ne è discusso in occasione di una puntata di Talk Sicilia, il programma di approfondimento di BlogSicilia, al quale hanno partecipato Cira Maniscalco, presidente del Cosmann, il Comitato regionale Malattie rare neurologiche e neurochirurgiche e Antonio Tomaselli, fondatore del Movimento Cittadini in rete.

Diverse criticità segnalate dalle famiglie

“Le scuole in questo momento non sono luoghi sicuri”. Lo ribadiscono con forza Maniscalco e Tomaselli che hanno ricevuto diverse segnalazioni da parte delle famiglie degli studenti. Dice la presidente del Cosmann: “Insieme a 25 associazioni presenti sul territorio regionale abbiamo accolto innumerevoli appelli e richieste da parte delle famiglie che stanno manifestando disagio e paura nel dover mandare i propri figli a scuola in queste condizioni. Purtroppo in numerose scuole di Palermo molte classi sono state costrette a ritornare in dad proprio per i contagi. Questo è un momento molto particolare. Noi come associazioni ci impegniamo per salvaguardare il diritto alla salute e per difendere i bambini, soprattutto quelli più fragili. Ci eravamo rivolti alle istituzioni sperando che potessero accogliere le nostre richieste di aiuto, che, a quanto pare, non sono state comprese”.

“Impreparazione nella gestione dell’emergenza”

Il noto infettivologo Bassetti ha sostenuto che “la gestione del Covid a scuola rasenta la follia”. E ancora: “Basta scuola in dad se non assolutamente necessaria”. Insomma, dad sì o dad no? E’ stata una scelta saggia quella di far tornare gli studenti in classe?
Il presidente del Movimento cittadini in rete commenta: “La mia opinione, che credo sia diffusa, è che ci troviamo di fronte ad una impreparazione totale rispetto alle gestione dell’emergenza. E’ come se fossimo all’inizio della pandemia, tornati indietro di tre anni. Nonostante tutti gli investimenti fatti, basti pensare ai banchi monoposto con le rotelle e ai mezzi informatici. Ci troviamo nell’improvvisazione e con risultati scadenti in termini di servizio scolastico. Dobbiamo avere chiaro se siamo o non siamo in pandemia. Perché c’è una incongruenza di fondo tra le raccomandazioni fatte dal Governo e anche a livello locale dai sindaci e dal governatore della Regione sui pericoli del contagio e sugli ospedali in sofferenza ma poi i bambini sono stati mandati a scuola.
Anche il personale scolastico è in sofferenza tra contagio e quarantena, le scuole si sono trovate impreparate.
A mio avviso serviva un po’ più di ‘coraggio’: bisognava bloccare tutto per due o tre settimane, per fermare l’avanzata del contagio. La curva si sarebbe abbassata più rapidamente, e tutti sarebbero rientrati a scuola in sicurezza. Ricordiamoci che attorno alla scuola gira tutto il nucleo familiare: genitori, nonni che accudiscono i bambini nel pomeriggio. Invece si fanno stare 6 ore i bambini dietro i banchi di scuola con la mascherina, oltre al disagio di doverli sottoporre a tampone, che per i più piccoli è uno shock. Secondo me inoltre è sfuggita di mano la questione sui giorni di quarantena, con regole diverse in base al ciclo scolastico. Insomma, stiamo giocando con i numeri e con la salute dei cittadini. Non si può scherzare. Non sono argomenti che possono essere gestiti attraverso un pallottoliere”.

La preoccupazione

Maniscalco prosegue: “Molte aule scolastiche sono diventate focolai. Ci sono aule con 23 o 25 alunni in pochi metri quadrati. Così non si può gestire la pandemia. E nonostante l’impegno dei docenti, nelle aule si creano assembramenti. E’ una situazione veramente assurda. Secondo noi gli studenti non sono tornati a scuola in sicurezza”.

La petizione

Proprio per chiedere che le scuole restassero chiuse, le associazioni avevano anche lanciato su change.org una petizione dal nome emblematico: “Non riaprite la scuola in Sicilia”, che ha raccolto più di mille firme.
Tomaselli osserva: “Avevamo lanciato un grido di allarme accolto anche dall’Anci Sicilia. Poi, però, purtroppo, il Tar ha annullato le ordinanze di chiusura delle scuole dei sindaci. Il problema tuttavia non è stato risolto: perché quando gli studenti sono tornati a scuola hanno dovuto subire innumerevoli disagi. Sono a conoscenza dell’esperienza di intere famiglie che hanno fatto ‘la gita’ alla Fiera del Mediterraneo, non come momento ricreativo, bensì per sottoporsi al tampone. Tanti alunni, proprio per fare il tampone, non sono andati a scuola. Quindi si è garantito il diritto allo studio ma solo sulla carta. Perché si è creata una disparità tra bambini che andavano a scuola continuando a essere a rischio contagio, e bambini che erano in quarantena o isolamento. Quindi, che cosa si è risolto riaprendo la scuola? Niente. Noi continuiamo a chiedere che la scuola resti chiusa in attesa che i contagi scendano realmente, e nel contempo soluzioni drastiche e definitive. Se si va a scuola bisogna essere sicuri di non ammalarsi. Nelle nostre scuole, specialmente in Sicilia, non ci sono efficienti impianti di areazione per il ricircolo dell’aria. Ci sono classi dove per evitare il contagio si tengono le finestre aperte, facendo ‘entrare’ così l’influenza stagionale. Quando un bambino poi prende il raffreddore o ha qualche linea di febbre c’è la corsa al tampone. Insomma, scatta quello che per me è il protocollo della follia”.

La quarantena

Intanto il Governo è pronto ad allentare le restrizioni. La scuola è uno dei settori sui quali si interverrà con il nuovo Dpcm che dovrebbe arrivare la prossima settimana. La sottosegretaria all’Istruzione, Barbara Floridia, ha parlato della necessità, almeno per i più piccoli, di cominciare a ridurre i giorni della quarantena.
Inoltre, per gli studenti che finiranno in dad non sarà prevista la quarantena ma l’auto sorveglianza.
“Non so – afferma Maniscalco – in che modo bisogna rivedere questa quarantena. Noi ci confrontiamo spesso con i medici, ho molta fiducia nella scienza e mi fido dei medici. Ricordo che un bambino contagiato è un rischio per i fratelli e per tutto il nucleo familiare. Vorremmo capire anche noi. Spero che le nuove ‘regole’ siano adottate sulla base di rigidi criteri scientifici.
Tomaselli aggiunge: “Ci sono tante persone fragili, il Governo ha il dovere di tutelarle, non possiamo metterle a rischio. Ci sono bambini con disabilità e adulti che hanno patologie molto invalidanti, che correrebbero seri rischi contraendo il virus. Il diritto alla salute non può venire meno, mai”.

Diritto alla salute e diritto all’istruzione

Ma come conciliare diritto alla salute e diritto all’istruzione fattivamente?
Maniscalco conclude: “Il diritto alla salute è sancito dalla nostra Costituzione. Credo sia prioritario garantirlo.
Sicuramente è altrettanto importante il diritto all’istruzione. Noi riteniamo, ad oggi, nonostante le rassicurazioni delle istituzioni, che la scuola non sia il posto più sicuro dove andare senza il rischio di ‘portare’ il covid a casa. Crediamo che la politica debba necessariamente dare delle risposte a tutti i cittadini ma soprattutto alle famiglie che portano i propri figli a scuola con la paura e l’angoscia che possano contagiarsi”.
Tomaselli conclude: “E’ chiaro che la didattica a distanza non è sostitutiva di quella in presenza. Gli studenti hanno bisogno di andare a scuola, stare insieme, socializzare, avere un rapporto diretto con i docenti.
Ma dobbiamo mettere al riparo dai contagi tutte le famiglie. Il sistema della didattica a distanza funziona, e credo che le famiglie riescano ormai ad utilizzare strumenti alternativi e informatici, che siano pc, tablet o cellulari. Bisogna fare la dad per un periodo limitato, certo, ma la nostra richiesta non è un capriccio.
Inoltre, non possiamo considerare la scuola come un ‘posteggio’ per bambini o una comodità per i genitori che non sanno a chi affidarli mentre loro sono al lavoro. Bisogna gestire meglio la presenza dei bambini a scuola perché sono inseriti nel tessuto sociale. Hanno amici, parenti, nonni, vivono in una comunità per la quale, infettandosi, potrebbero diventare un veicolo di contagio”.

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