Palermo 28 marzo 2024 – Dopo trenta e più anni di lavoro, gli operai agricoli dell’Università degli Studi di Palermo dicono basta col precariato: “Il nostro lavoro è utile e necessario, chiediamo una stabilità occupazionale”.   

A protestare sono operai che svolgono un ruolo fondamentale nella cura del verde di Unipa e nelle attività didattico-sperimentali sia al campus universitario che nei laboratori del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e forestali, dove svolgono ruolo di supporto nella ricerca.

Tra i circa 90 lavoratrici e lavoratori, l’80 per cento si occupa di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria e del decoro di giardini, terreni, aiuole della cittadella universitaria. Tra i lavoratori, anche gli addetti all’Orto Botanico di Palermo, che si estende su una superficie di 10 ettari di terreno.

Lo stato di agitazione, proclamato dalle segreterie provinciali di Flai Cgil Palermo, Fai Cisl Palermo Trapani e Flai Uila Palermo, è scattato nel corso di una partecipata assemblea che si è svolta il 22 marzo.   

Una vertenza che dura da anni: già nel 2015 la richiesta al ministero per la stabilizzazione del personale che fino all’anno scorso ha operato per 101 giornate l’anno.

 Il percorso di stabilizzazione degli operai agricoli, intrapreso con la legge Madia, e l’istituzione di un tavolo o tavolo tecnico da due anni, sembrava aver creato possibili chance per le assunzioni.  In altre università italiane, come Pisa, Napoli, Messina, l’obiettivo è stato centrato. A Palermo no.

I sindacati, in una nota inviata al rettore Massimo Midiri, chiedono un incontro per individuare una strategia che possa portare alle stabilizzazioni, e porre fine a una lunga stagione di precariato. Se entro il 2 aprile non sarà avviata un’interlocuzione in questa direzione, i lavoratori e le organizzazioni si autoconvocheranno in presidio permanente a partire dal giorno successivo.  

“Quest’anno c’è ancora incertezza sul numero di giornate da effettuare – attacca la segretaria generale Flai Cgil Palermo Enza Pisa assieme ai delegati aziendali della Flai –  Negli ultimi due anni, l’Università ha predisposto una ricognizione interna per superare e contenere i numeri di lavoratori precari del proprio organico. Pur manifestando il proprio interesse, questi lavoratori sono stati esclusi dal percorso, ma non è tutto: paradossalmente, l’Università ricorre anche a concorsi pubblici per giardinieri, con lo scopo di reclutare profili professionali di cui già dispone – gli operai agricoli, appunto – che da decenni sopportano questa situazione”.

Secondo la Flai Cgil Palermo, negli anni non sono mancati i tentativi per cercare di superare gli ostacoli del precariato, ma, di certo, “è mancata la volontà politica delle varie amministrazioni di affrontare il problema”.

Basti pensare che un tempo i lavoratori godevano di un budget utile allo svolgimento di 179 giornate lavorative pro capite. “Nel tempo, scelleratamente – aggiunge Enza Pisa –  purtroppo il budget stanziato ha subito tagli drastici, e nonostante i vari pensionamenti, ha portato i lavoratori ad una garanzia occupazionale di 101 giornate, che svolgono dilazionate in tutto l’anno, con giornate mensili che variano da 15 a 5, come lo stesso cronoprogramma allegato al contratto individuale può testimoniare. Oggi i lavoratori in gran parte sono ultracinquantenni, con pochi sui 40 anni”.

Uno stato di sofferenza che ha portato gli operai agricoli in assemblea a votare in maniera unitaria per lo stato di agitazione. “La nostra attività è importante e preziosa per l’ateneo palermitano e meritiamo che la politica tutta si assuma delle responsabilità – aggiungono i delegati della Flai – ma soprattutto si attivi a trovare la migliore soluzione possibile, anche attingendo dalle esperienze degli altri atenei sparsi in tutta Italia.  Diciamo basta, e lo ribadiamo ancora più forte, perché, se non si attiva il percorso della stabilizzazione saremo condannati alla povertà assoluta sia adesso che da pensionati. Non riusciamo più a sostenere una vita dignitosa col salario che recuperiamo e neppure a far studiare i nostri figli, precludendo, così, un futuro migliore anche a loro”.

 

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