“In queste ore sono state artatamente diffuse, a mezzo stampa, troppe bugie sulle ragioni della condanna di Legambiente Sicilia e dei suoi dipendenti per i tragici fatti delle Macalube di Aragona.

Per amore di verità e giustizia vogliamo innanzitutto precisare che, in attesa delle motivazioni della sentenza, nessuno può conoscere e quindi raccontare l’iter argomentativo che ha determinato questa ingiusta condanna. In attesa di conoscere le motivazione ed impugnare la sentenza, possiamo però affermare, senza tema di smentita, alcune verità storiche e processuali ben note a chi si occupa di tutela del patrimonio naturale siciliano”. Lo dichiarano Gianfranco Zanna, presidente regionale di Legambiente Sicilia, e l’avvocato Maria Letizia Pipitone, difensore di Legambiente Sicilia, nel processo svoltosi ad Agrigento.

Non è affatto vero – sottolineano – che le Riserva naturale delle Macalube di Aragona è stata interdetta ai visitatori sino al 2002, anno in cui Legambiente ne avrebbe invece chiesto la fruizione, e quindi, conseguentemente, creato il pericolo derivante da eventi quali quello accaduto.

Questa riserva, come tutte le altre riserve siciliane, è stata istituita dal legislatore regionale perché lo straordinario valore naturalistico e vulcanico fosse tutelato, protetto, conosciuto ed amato dai siciliani e dai turisti. La riserva delle Macalube è fruibile per legge sin dalla sua istituzione datata 16 maggio 1995. Legambiente è ancora oggi l’ente gestore della riserva perché l’indagine amministrativa, effettuata dall’Assessorato Territorio e Ambiente, immediatamente dopo i fatti, ha accertato che nessun rimprovero poteva essere mosso all’associazione per le violazioni della convenzione di affidamento ritenute invece dalla Procura della Repubblica di Agrigento la principale condotta colposa degli imputati.

Noi non sappiamo perché il giudice ci ha condannati, nonostante la prova provata della correttezza del nostro operato, ma sappiamo per certo che la sentenza insieme a noi ha, soprattutto, condannato il capitale naturale di questa isola che da oggi in poi rischia seriamente di essere abbandonato a se stesso, visto che si può innescare un’azione di “chiusura” e di “interdizione alla fruizione” delle nostre bellissime aree naturali protette. Se questo verdetto, infatti, ha veramente sancito che gli enti gestori di riserve naturali sono i garanti dei pericoli derivanti dalla natura (individuati dalla legge invece in capo alla Protezione civile) ha inferto un colpo mortale al sistema delle riserve naturali, lasciando così mano libera a quanti (troppi) non vedevano l’ora di metterci le mani per interessi speculativi di segno opposto”.