Il drone di Mareamico ha individuato un nuovo sbarco fantasma nell’agrigentino. Un’imbarcazione di circa 7 metri con una quarantina di migranti a bordo è arrivata nella notte nella spiaggia di Misita, tra la foce del fiume Naro e Punta Bianca. I migranti, appena arrivati, si sono dispersi nelle campagne, facendo perdere le loro tracce.
“Giova ricordare – affermano gli esponenti dell’associazione ambientalista – che questa tipologia di sbarco è la più inquietante perché lo Stato non ha contezza del reale numero degli arrivati -. Questo perché non avviene alcun riconoscimento ufficiale. Da considerare che il numero degli sbarchi ufficiali nel primo bimestre è triplicato, rispetto agli anni precedenti. Tutto ciò fa intuire che il 2023 sarà un anno pesante, dal punto di vista degli arrivi”.
Episodio che accade nelle coste Agrigentine mentre divampano le polemiche sull’ennesimo naufragio che accende lo scontro fra l’Italia e le Ong. Sono 30 i dispersi, quasi certamente morti, che potevano essere salvati secondo le organizzazioni non governative e secondo i 17 superstiti. un naufragio avvenuto non in acque Sar (area di ricerca e soccorso) italiane ma al largo della Libia .
Sono tutti originari del Bangladesh i superstiti arrivati nel pomeriggio a Pozzallo, il porto in provincia di Ragusa. Il mercantile Froland che li ha soccorsi è arrivato in rada, poi gli stranieri sono stati prelevati da motovedette della Guardia costiera che li hanno portati a terra. A bordo anche i due migranti per i quali, in un primo momento, era stata disposta l’evacuazione medica a Malta. Ad avvistare per primo l’imbarcazione alla deriva la mattina di sabato è Sea Bird, l’aereo della ong Sea Watch, che si era mosso in seguito ad un sos lanciato da uno dei passeggeri al servizio telefonico Alarm Phone.
Sea Watch ha pubblicato i colloqui avvenuti con il mercantile intervenuto, il Basilis L., il Centro di coordinamento marittimo libico e quello italiano, l’Mrcc della Guardia costiera di Roma. Il mercantile fa sapere che l’autorità italiana lo ha invitato a seguire le indicazioni del Centro libico. Contattato, quest’ultimo spiega di non poter mandare alcun mezzo in soccorso. Sea Watch chiama dunque il Centro italiano e chiede: “chi è responsabile ora per questo caso visto che il centro libico non è in grado di rispondere?”. Ma Roma non risponde e riattacca il telefono. Il rischio di un naufragio, attacca la ong tedesca, “era noto alle autorità da oltre 24 ore. Li hanno consapevolmente lasciati affogare”.