“Siamo tutti qua, Consiglio comunale e giunta, per reclamare il diritto di una laboriosa comunità, ancora negato dopo 51 anni”, dice il sindaco di Santa Margherita di Belice (Agrigento), Franco Valenti, che ha riunito l’amministrazione in trasferta a piazza Montecitorio per protestare nei confronto del Parlamento per la manca previsione anche nell’ultima legge di Bilancio dei fondi necessari alla ricostruzione, che a 51 anni dal terremoto che il 15 gennaio 1968 distrusse la Valle del Belice, in 21 Comuni non è ancora compiuta.
Nel paese del Gattopardo, 6.400 abitanti, ci sono ancora 200 famiglie che vivono in una sorta di baraccopoli, senza fognature, acqua pubblica e illuminazione, e 84 famiglie aspettano ancora i fondi per la ricostruzione della casa.
“Ci fa soffrire – scandisce il sindaco dal megafono – che il Belice sia indicato come luogo di spreco, dove i fondi non sono stati spesi bene. Lo Stato, in oltre mezzo secolo, è stato assente e latitante. Un terremotato del Belice vale un terzo di un terremotato del Friuli. E anche quest’anno la legge di Bilancio si è dimenticata di noi”. “Anni fa – spiega Francesco Ciaccio, presidente del Consiglio comunale – l’allora ministro Di Pietro certificò che per la ricostruzione dell’intera aerea occorrevano ancora 450 milioni. E’ stato calcolato che nel nostro Comune per le opere di urbanizzazione ne sono necessari 27”.
Nella cittadina incompiuta di Santa Margherita un intero quartiere – sono venuti a testimoniare i consiglieri comunali – si ritrova ancora con i pozzi neri, cavi volanti e luci da cantiere al posto delle linee elettriche. L’acqua, in assenza di una rete pubblica, arriva con le autobotti. E nonostante le rassicurazioni ricevute nel corso dei decenni, protestano i cittadini, la ferita è ancora aperta.
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