Giovanni Pizzo

Ex assessore della Regione Siciliana, scrivo su vari quotidiani. Laureato in economia e commercio

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Il significato di Calende greche significa mai, che quella cosa non arriverà mai. Come mai arriverà un giorno di pax per Carletto Calenda la cui esistenza in vita nell’opinione pubblica italiana è data quasi esclusivamente dalla sua vis polemica. Senza polemica non esiste Calenda e Azione, anche se permutando Azione, aggressione verbale sostanzialmente, è Calenda. 

Perché altro non c’è. Lui è il dito che indica the dark side of the moon, la parte oscura delle cose che non si possono dire. E lui senza una logica o strategia le dice, non preoccupandosi delle conseguenze. 

È la politica della polemica incontinente, figlia del grandissimo Gianfranco Funari e dei media. L’ultima intemerata, capace di far reagire quasi come un sol uomo la quasi sgretolata politica siciliana, è stata sulla Sicilia feudale e clientelare che vive di sottogoverni e segreti, intendendo i voti, speriamo non altro. Diciamo subito che non ha detto nulla di eccezionale o sorprendente, disturba, ma lui ci marcia, il tono di profondo disprezzo con cui l’ha detto. Che ha costretto il presidente siciliano Schiflni ad abbandonare la Kermesse di FI dove Calenda era ospite gradito al segretario Tajani, in un’ipotesi di alleanze elettorali. Il segretario di FI dovrebbe ricordare però la faccia di Enrico Letta che tentò prima di lui di arruolare Carletto che poi come si sa la fa sempre nel letto, come diceva in una sua celeberrima canzone uno dei siciliani più attenti ed arguti sui costumi dell’opinione pubblica italiana, il recentemente scomparso Pippo Baudo. Però una voce, non in difesa di Calenda, ma di cosa ha parzialmente detto dalla Sicilia si è levata. Ruggero Razza dichiara che il Calenda che “schifa” il voto segreto ha ragione, che anche loro, i musumeciani, avevano tentato di abolirlo senza riuscirci. Il Parlamento italiano esclude il voto segreto sulla legge di Bilancio e sulle mozioni di fiducia, che sono sempre di più, proprio per costringere la maggioranza a fare la maggioranza e l’opposizione fare l’opposizione. Il voto segreto iniziò nel 1947 all’Assemblea Costituente, per mano di Togliatti, per bocciare l’inserimento dell’indissolubilità del matrimonio in Costituzione, fortemente voluta da Giovanni Gronchi che poi divenne Presidente della Repubblica. Più che un voto di coscienza fu un voto di convenienza, vista la situazione affettiva del compagno Palmiro. 

Ma sarebbe ora che il voto segreto nel Parlamento siciliano venisse regolamentato esattamente come in quello nazionale. Lo si usa esageratamente per nascondere beghe e discussioni interne ai partiti, che è bene che vengano fuori, politicamente, e non tramite i franchi tiratori. Certo che in parlamento regionale il voto di fiducia non ha senso, visto che il presidente della Regione non può essere sfiduciato a causa della sua elezione diretta. Cosa che invece avviene con la mozione di sfiducia a livello comunale. Se ci fosse una sfiducia costruttiva alla tedesca allora le mozioni di sfiducia avrebbero un senso, ma così non è. Sembra che ci sia un patto tra Schifani e Galvagno, il presidente dell’assemblea, per modificare e limitare il voto segreto, perché rimane molto dubbia la sua abolizione dal punto di vista costituzionale. Se la politica siciliana darà questo segnale di chiarezza e trasparenza, in primis ai siciliani, e poi a Calenda che guarda caso è eletto in Sicilia, anche se non ci passa nemmeno le vacanze, potrebbe poi far tacere sui mercimoni e mancette il polemista pariolino. Se non lo facesse, Calenda potrà campare ancora di rendita polemica, se non troppo in Sicilia da qualche altra parte, additandoci spregiativamente come ha fatto il Tirolo sui tifosi palermitani rifiutati allo stadio. Questa sollecita riforma del voto segreto potrebbe sconfessare l’idea di Sicilia feudale che in verità molti hanno. A meno che la norma riformatrice non venga portata alle famose Calende greche.

 

 

 

 

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