Antonio Perna

Giornalista free-lance, tessera Odg 58807, cronista dal 1986 anno in cui l'Italia per la prima volta si connette a Internet

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Dopo l’alleggerimento delle sanzioni a Minsk e le ambiguità sulle incursioni russe in Polonia, il Cremlino festeggia la sua più grande vittoria politica: un’America che arretra.

Donald Trump ha il dono perverso di trasformare la menzogna in metodo di governo. Vive nelle contraddizioni, le coltiva e le spaccia per visioni strategiche. È la sua cifra. Così, mentre proclama di voler difendere l’Occidente, consegna a Vladimir Putin ciò che il Cremlino non ottiene con le bombe e i carri armati: legittimità internazionale e divisione tra gli alleati.

L’ultimo episodio è lampante. Dopo la liberazione di 52 prigionieri politici da parte del regime bielorusso, la Casa Bianca ha deciso di alleggerire alcune sanzioni contro Belavia, la compagnia aerea di Stato. Reuters lo scrive senza giri di parole: «The United States eased some sanctions on Belarus’s state airline Belavia, allowing it to buy parts and services for its Boeing planes» (11 settembre 2025). Non una fine del regime punitivo, certo, ma una crepa significativa.

Eppure la Bielorussia non è un interlocutore neutrale. È la retrovia logistica dell’aggressione russa in Ucraina, la spalla militare che ospita truppe e manovre congiunte di Mosca ai confini della NATO. Premiandola, Trump manda un segnale chiaro: il fronte delle sanzioni non è più granitico.

Nel frattempo, i cieli della Polonia venivano violati da droni russi. Varsavia ha reagito duramente: «There could not have been a mistake, it was a deliberate act», ha dichiarato il Ministero della Difesa (Reuters, 12 settembre 2025). La risposta americana? Trump ha parlato di “possibile errore”, minimizzando ciò che la NATO considera una provocazione diretta. Jens Stoltenberg ha ribadito: «Every inch of NATO territory will be defended». Ma dalle parole del presidente americano non è arrivata la stessa fermezza.

La realtà è che le elezioni del 2024 sono diventate la prima grande vittoria politica di Putin dalla vigilia dell’invasione dell’Ucraina. Non sul campo di battaglia, dove l’esercito russo continua a pagare perdite enormi, ma a Washington, dove oggi siede un presidente che smussa le sanzioni, relativizza le aggressioni e regala ossigeno al più fedele alleato del Cremlino, Lukashenko.

PolitiFact, l’osservatorio indipendente, ha contato decine di dichiarazioni false o fuorvianti di Trump negli ultimi mesi: guerre mai fermate, complotti mai provati, accuse senza fondamento. La menzogna è l’ossigeno della sua politica. Ma ora la menzogna si traduce in decisioni geopolitiche: fessure che i regimi autoritari sfrutteranno fino in fondo.

E gli elettori? Sono complici inconsapevoli. Senza di loro, Trump sarebbe solo un imprenditore fallito con manie di grandezza. Con loro, è l’uomo che può piegare l’ordine internazionale alle proprie incoerenze, facendo apparire ragionevole l’irragionevole.

Trump non difende l’Occidente. Non difende l’Ucraina. Non difende la NATO. Difende solo sé stesso, il suo narcisismo e la sua narrazione. Così, nel cuore della Casa Bianca, la menzogna si fa politica estera. E a Mosca, Vladimir Putin sorride.

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