Giovanni Pizzo

Ex assessore della Regione Siciliana, scrivo su vari quotidiani. Laureato in economia e commercio

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C’è qualcosa di ancestrale nella politica siciliana, ed è l’eterno cupio dissolvi. Da sempre la politica isolana assomiglia ad Itaca al tempo dei Proci, alleanze innaturali tra coloro che volevano la mano di Penelope per governare l’isola, con l’aneddoto della famosa tela che di giorno si tesseva e la notte si disfaceva. Così sono le maggioranze del potere siciliano, appena si formano partono forze antiche e immutabili che cominciano a disfarle. Queste forze sono la Fame, la Miseria, l’Invidia, l’Avidità, la Superbia.

Oggi la maggioranza al governo della Sicilia è in cammino discendente verso il declino, e sta in piedi temporaneamente perché non ha una forza eguale e contraria che cresce. Il governo Schifani ha perso il suo principale pilastro che era Totò Cuffaro, da alcuni considerato come governatore ombra della Sicilia, cosa che non gli ha portato un gran bene. Diroccato il pilastro principale anche gli altri puntelli non sono così fermi. Lombardo non va più ai vertici, ha accusato di gestione opaca la Sanità, e ha votato sempre in allineamento per ora con FdI, anche in difformità alle indicazioni del governo. FdI ha direttamente, con il suo commissario, visto l’alto tasso di frizione interna, Sbardella manifestato il suo disappunto su tanti punti, e con soggetti a latere, Manlio Messina, bombardato il Palazzo d’Orleans. La Lega di Sammartino va avanti con furore agonistico, come se non ci fosse un domani e nonostante l’oggi non sia commisurato, dal Ponte sullo Stretto fino all’acquisizione di soggetti politici appartenenti ai partiti alleati. Forza Italia, il partito che esprime il Presidente non ha nemmeno un deputato in giunta, e malumori, al di là dei comunicati formali, e fratture sono evidenti, come le interrogazioni parlamentari ed i voti in commissione con l’opposizione. La cartina di tornasole sarà la madre di tutte le manovre, la preannunciata copiosa, dopo anni di sarde leccate, finanziaria regionale. Finora le precedenti manovre sono state approvate a forza di maxi emendamenti di laute mance ai deputati, su cui ormai troppi hanno messo gli occhi vigili. Potranno essere ancora accontentati i deputati di maggioranza ed opposizione per fare passare la manovra di bilancio?

Certo se i deputati di opposizione, dopo aver cercato di raccogliere le firme per la sfiducia di Schifani, si accordassero su mance e mancette decreterebbero la loro fine politica, ma i problemi sono anche, e forse soprattutto, in maggioranza. Schifani finora aveva spostato da sé l’amaro calice del rimpasto, chiesto da tanti, troppi, ma ora, dopo il ritiro delle deleghe ai cuffariani non può fare più la parte della sposa di Ulisse. E con la spada di Damocle del terremoto giudiziario, che sembra solo all’inizio, rifare una quadra politica sembra più arduo di vincere la famosa medaglia matematica Fieds. L’unica soluzione sarebbe stata l’immediato, post bomba giudiziaria, azzeramento totale delle deleghe, e l’avvio di un governo tecnico con un solo obiettivo: la messa a terra dei progetti PNRR e di quelli della programmazione 2020/27 che sono in pericoloso ritardo. Forse, diciamo forse, dei soggetti di comprovata competenza ed esperienza tecnica non piegabili alle basse influenze politiche, o dei poteri intorno ad essa, potrebbero riuscire a spendere, non diciamo integralmente, in maniera sufficiente la quantità di miliardi che erano stati destinati dall’Europa alla Sicilia, regione con il più alto tasso di povertà relativa del continente.

Ma questa strada del governo tecnico del Presidente non è stata imboccata, pertanto si attende Godot, che può essere rappresentato da nuove inchieste o dallo stop da parte di Roma all’autodistruzione del centrodestra in Sicilia. E meno male che non si vedono capitani coraggiosi, e credibili, che entrano in campo nel campo avverso. In quel caso nemmeno la Santa Premier ci potrebbe.

 

 

 

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