Antonio Perna

Giornalista free-lance, tessera Odg 58807, cronista dal 1986 anno in cui l'Italia per la prima volta si connette a Internet

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Le donne ucraine non sono ospiti della storia, ma protagoniste. E in una guerra che tenta di spegnere la libertà, sono loro a tenerla accesa. 

Oggi, mentre alcuni uomini di potere — anche in Occidente — continuano a sostenere che “le donne non dovrebbero stare in prima linea”, la realtà ucraina smentisce con la forza dei fatti quel vecchio dogma patriarcale.

Oltre sessantasettemila donne servono nelle Forze Armate di Kyiv. Non sono obbligate. La legge le avrebbe lasciate partire. Ma sono rimaste.

E in quella decisione libera, non costretta, risiede la più profonda forma di coraggio civile.

Molte di loro non avevano mai toccato un’arma.

Ora pilotano droni, curano feriti sotto il fuoco, pianificano missioni di intelligence, organizzano evacuazioni, reggono la logistica del fronte.

Non sono l’eccezione, sono la regola di una modernità che finalmente si riconosce nella propria metà dimenticata.

La guerra moderna non è più muscolo contro muscolo, ma intelligenza contro disinformazione, precisione contro caos.

E in questa nuova dimensione le donne eccellono, non perché “più forti”, ma perché più consapevoli del prezzo del dolore e del valore della vita.

Combattere, per loro, non significa distruggere: significa difendere.

Non è la prima volta che accade.

Dalle Sarmate che cavalcavano tra le steppe del Mar Nero — le antenate delle Amazzoni — fino a Giovanna d’Arco, a Rani Lakshmibai, a Olga di Kyiv, la storia ha già conosciuto la potenza femminile nel conflitto. Ma ogni volta l’ha rimossa, confinandola nel mito per non doverla accettare nella realtà.

Oggi, invece, la realtà parla più forte del mito.

“L’errore fatale di Putin”, ha scritto un intellettuale ucraino, “è stato mandare schiavi a liberare persone libere.”

Tra quelle persone libere ci sono loro: le donne che hanno scelto di restare, di combattere, di difendere non solo la patria, ma un principio universale — la libertà di scegliere.

Quando la guerra finirà, come tutte le guerre finiscono, resterà questo lascito: la consapevolezza che il coraggio non si eredita, si esercita.

E che il futuro dell’Europa — se vorrà essere davvero libero — dovrà portare il volto di quelle donne che, nel buio della notte ucraina, hanno illuminato il senso stesso della parola “umanità”.

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