Mauro Billetta

Frate Cappuccino parroco di Danisinni a Palermo

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Riconoscere la reciproca identità – traducibile nel “diritto ad esserci” – è la via della Pace. Riconoscere di appartenersi reciprocamente è la via della Pace.

Fino a quando penseremo che lo straniero – il diverso – non fa parte di noi o fino a quando considereremo le guerre che affliggono interi popoli come qualcosa che non ci riguarda, noi non saremo capaci di costruire percorsi di Pace.

Oggi la parola “Pace” va riscritta con la maiuscola perché è la condizione sine qua non per rimanere umani e per custodire l’abitare questo mondo.

Finalmente l’Assemblea Generale Onu ha votato per i due-Stati Israele e Palestina e questa è la premessa necessaria per ritrovare la Pace in quell’area geografica così brutalmente martoriata. Certo c’è voluta una strage senza limiti per aprire gli occhi (anche se non tutti hanno votato a favore dei due-Stati) e riconoscere, la nostra pianificata “distrazione” dettata da interessi economici è costata la vita a decine di migliaia di persone, soprattutto i più fragili, anziani e bambini, l’ottanta per cento dei morti sono legati al deterioramento delle condizioni di vita causate dalla guerra e centinaia di migliaia moriranno per mancanza di cure e malnutrizione perché gli ospedali di Gaza sono stati sistematicamente bombardati, l’arrivo del cibo è boicottato, il fabbisogno minimo di acqua non è garantito, le polveri sottili inquinano tutto. Questa è la condizione in cui vive chi non muore a causa dei continui bombardamenti…

Sebbene continui l’ideologica reinterpretazione dei fatti – come quando si afferma che il riconoscimento dello Stato palestinese incoraggerà Hamas ad andare in guerra – questa è la via necessaria per costruire la Pace.

Negare la realtà, piuttosto, continuerebbe a renderci complici delle nefandezze compiute a discapito dei piccoli con il rischio di rimanere spettatori anche dinanzi ad un genocidio.

È un’esperienza che la storia recente conosce già, si pensi alla notte tra il 23 e il 24 aprile del 1915 quando iniziò la deportazione e il seguente genocidio del popolo armeno.

O, ancora, all’Olocausto della seconda mondiale che costò la vita a 6 milioni di ebrei, 4 milioni di slavi, 3 milioni di prigionieri di guerra sovietici, 2 milioni di politici, 200 mila rom e 250 mila disabili.

Lo stesso accadde per il genocidio in Cambogia dal 1975 al 1979 dove morirono tra le 800 mila e i 3 milioni di cambogiani; o per il genocidio curdo, dal 12 marzo 1986 al 7 giugno 1989, in cui durante la guerra Iran-Iraq furono sterminati dall’esercito iracheno 180 mila oppositori curdi. Senza dimenticare il più recente genocidio in Ruanda dove dall’aprile al luglio 1994 persero la vita 500 mila persone dell’etnia Tutsi e degli Hutu moderati.

Non è possibile rimanere silenti di fronte a simili ingiustizie che continuano a sfregiare il volto dell’umanità, siamo chiamati a chiedere risposte concrete di fronte al silenzio assordante dei governi occidentali che sembrano ossequiare il potente di turno. Abbiamo la responsabilità di vegliare per custodire la vita dei piccoli del nostro mondo, nessuno escluso.

La Global Sumud Flotilla è già salpata da diversi giorni e i presidi in terra ferma sono iniziati. C’è una solidarietà nell’azione di resistenza in terra così come a mare ma è importante che lo schierarsi per la Pace trovi tutti uniti. Non si tratta di una bandiera politica che si oppone ad un’altra come si è soliti fare, non uno schieramento dottrinario, ma di un movimento dal basso che vuole mobilitare i territori a favore della sopravvivenza di un popolo che, oggi, è simbolo dei diritti umani dell’intero pianeta. Se Gaza sarà difesa potrà esserlo ogni angolo nascosto della terra, ogni essere umano a cui viene calpestato il diritto ad esserci.

La solidarietà con il popolo palestinese rivela che nessuna ingiustizia è ammissibile ed è tempo di rompere con le complicità che attribuiscono alle finanze il potere su questo mondo. Le guerre scoppiano per ragioni economiche, ne siamo convinti, ma ancora peggio quando queste sono avallate dalle ideologie di potere.

La solidarietà non violenta attende delle forme di disobbedienza civile come quella delle imbarcazioni di soccorso che pattugliano i Mediterraneo centrale per salvare la vita dei migranti che rischiano il naufragio, o come quella della Global Sumud Flotilla che sta muovendo verso Gaza ascoltando il grido dei piccoli della terra malgrado le intimazioni e gli attentati già subiti.

La storia di chi è in guerra ci appartiene perché i reciproci destini sono legati. La Pace è frutto del quotidiano ordito secondo una trama di solidarietà in cui nessuno rimane escluso e la solidarietà non è sufficiente, per essere reali costruttori di Pace è necessario compromettersi, contaminarsi fino a sentire sulla propria pelle il travaglio dell’altro, di chi rischia ogni giorno di non averla più quella pelle.

Eppure la politica continua a fare fatica nel riconoscere la via della Pace, incredibili disquisizioni teoretiche se è opportuno o meno utilizzare il termine “genocidio” nel mentre che l’efferata strage compie il suo corso…

No, “il circo politico distaccato dalla realtà” – come ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Oren Marmorstein, riferendosi all’Onu dopo che si è pronunciata a favore dei due-Stati – non è quello dei Paesi che stanno iniziando a determinarsi per costruire la Pace, ma quello di chi utilizza lo scenario di guerra per legittimare perfino un tour “turistico esperienziale” sulle colline a pochi km dalla Striscia di Gaza per mostrare al binocolo le nefandezze che può compiere il genere umano.

Noi scegliamo di guardare da un’altra parte: quella che ci chiede di essere fattivi sentinelle di Pace.

Luogo: Agorà Danisinni, Piazza Danisinni

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