Sono tutti giovanissimi, figli di pregiudicati di Gela, i nove imputati dell’inchiesta “Cavallo di ritorno”, otto dei quali, durante la notte, sono stati arrestati dalla polizia per furto, estorsione e ricettazione. Tre, i presunti vertici del gruppo, sono stati rinchiusi in carcere.

Sono Gaetano Alferi, di 21 anni, Nicola D’Amico, di 25, e Pasquale Trubia, di 21 anni. Ai domiciliari sono finiti gli
altri cinque: Emanuele Armando Ferrigno, di 20 anni, Giovanni Di Maggio, di 19, Salvatore Alma, di 22 anni, Mirko Gaetano
Dammaggio, di 24 e Ivan Iapichello, di 22 anni. Il nono complice viene ancora ricercato.

Rubavano ciclomotori e moto di grossa cilindrata che poi restituivano ai proprietari dietro pagamento di una tangente
media di circa 300 euro. Dei casi esaminati nelle indagini, nessuna delle vittime avrebbe inteso collaborare con gli
inquirenti. Sedici sono state perciò denunciate per favoreggiamento personale.

Ma il fenomeno avrebbe dimensioni molto inquietanti. Secondo gli inquirenti sarebbero almeno 200 i furti di ciclomotori che avvengono mensilmente a Gela e quasi tutti i mezzi rubati vengono ritrovati misteriosamente dopo alcune ore, al massimo qualche giorno.

Facile calcolare la consistenza del giro d’affari della banda il cui covo si trovava in un garage delle palazzine popolari di contrada Scavone, alla periferia ovest di Gela. Gli agenti del commissariato hanno identificato, pedinato
e filmato varie operazioni di furto delle moto, di assemblaggio dei pezzi smontati, di riciclaggio e di estorsione.