Contaminazioni atmosferiche, del suolo e del sottosuolo, con grave inquinamento delle falde acquifere nel territorio gelese. E’ quanto emerge dopo anni di indagini, l’acquisizione di migliaia di documenti, decine di incidenti probatori da pate della Procura di Gela che ha richiesto il rinvio a giudizio, per disastro colposo innominato, di 22 tra direttori e tecnici della Raffineria di Gela e dell’Enimed.

Si chiude così la maxi inchiesta sull’inquinamento ambientale della Procura guidata da Lucia Lotti, che riguarda l’ultimo decennio di emissioni del petrolchimico dell’Eni, impegnato nella ricerca e dallo sfruttamento dei pozzi petroliferi.

Tra gli imputati (che rischiano da 3 a 12 anni di reclusione) c’è anche la società “Raffineria di Gela”. Tutti dovranno rispondere anche delle omesse bonifiche, di getto pericoloso di cose e di violazione dei codici ambientali. Lotti, come previsto dalla legge, ha informato i ministeri dell’ambiente, della salute e delle politiche agricole, che potranno costituirsi parte civile già nella prossima fase dell’udienza preliminare (ancora da fissare), per le gravi ricadute che l’inquinamento ambientale avrebbe avuto sull’ecosistema, sulla catena alimentare e sulle persone. Restano incardinate in fase dibattimentale altre inchieste sull’esposizione all’amianto, sulle morti tra gli ex dipendenti dell’impianto “Clorosoda”, sugli incendi al reparto “Topping” e sugli sversamenti a mare di sostanze inquinanti. Nel tribunale civile invece si stanno trattando le richieste di risarcimento danni dei bambini malformati e degli ex dipendenti ammalatisi per l’inquinamento nei posti di lavoro.