Il procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca e il pubblico ministero Stefano Luciani hanno chiesto la condanna a 11 anni e 10 mesi di Mario Bo e a 9 anni e 6 mesi ciascuno di Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, i tre poliziotti imputati dinanzi al tribunale di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa Nostra.

I tre ex appartenenti al pool investigativo Falcone-Borsellino, diretto dal questore Arnaldo La Barbera – morto nel 2002 – sono accusati di aver costruito a tavolino falsi pentiti, inducendoli a mentire, per depistare le indagini sulla strage di via D’Amelio. Per tutti è stata chiesta l’interdizione dai pubblici uffici.

Luciani “Dietro agenda rossa interessi estranei a mafia”

“La sparizione dell’agenda rossa, se sparizione c’è stata, non fu di interesse di Cosa Nostra ma da collegare a interessi estranei”. Si è concentrato sui “misteri” riguardanti l’agenda rossa e la borsa del giudice Paolo Borsellino il pm Stefano Luciani nella requisitoria del processo.

“La borsa di colore scuro di Paolo Borsellino giace per mesi sul divano di Arnaldo La Barbera. Fino alla data del 5 novembre del 1992 non è mai acquisita perché manca un verbale di sequestro”. Il riferimento di Luciani è ad Arnaldo La Barbera, il funzionario di polizia a capo del gruppo della Squadra Mobile “Falcone-Borsellino, istituito per fare luce sulle stragi di Capaci e via D’Amelio. “Una evidenza importante però – continua Luciani – arriva dalla deposizione resa in questo processo, e nel Borsellino Quater, dalla dottoressa Lucia Borsellino. Dice in sintesi che alcuni mesi dopo la strage La Barbera si recò dalla signora Angese Piraino per consegnarle la borsa del marito. Fu Lucia Borsellino ad accorgersi che mancava l’agenda rossa e a chiedere spiegazioni al dottore Arnaldo La Barbera, il quale chiuse il discorso dicendo che non c’era nessuna agenda rossa da restituire”.

Continua il Pm: “A quel punto infastidita da questo atteggiamento si allontanò dalla stanza sbattendo la porta e La Barbera disse alla signora Piraino che la ragazza aveva bisogno di supporto psicologico perché delirava. Arnaldo La Barbera che era colui che depistò le indagini con dichiarazioni di falsi collaboratori fu anche colui che negò dell’esistenza dell’agenda rossa di cui gli venne chiesto conto nell’immediatezza dei fatti”.

Il pm si è poi soffermato sulle rivelazioni fatte alla moglie Agnese durante l’ultimo “frenetico periodo di vita”.

“La signora Agnese – dice Luciani – ricordò che suo marito le disse testualmente che c’era un colloquio tra la mafia e parti infedeli dello Stato e che c’era contiguità tra mafia e pezzi dello Stato interessati alla sua eliminazione. Borsellino, sempre secondo quanto ha raccontato la moglie, in quel periodo chiudeva sempre le serrande di casa temendo di essere visto da Castel Utveggio che in quel momento era il simbolo della presenza di apparati deviati dello Stato. E ancora la signora Agnese dichiarò che durante una passeggiata Paolo Borsellino le disse che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo ma gli stessi colleghi e altri che avrebbero permesso che si potesse addivenire alla sua eliminazione”.

De Luca “Depistaggio ha coperto alleanze”

“Sono qui oggi quasi come testimone perché l’eccellente lavoro fatto dal collega Luciani non ha bisogno di alcuna integrazione. Sono qui per testimoniare, ed è quasi superfluo, che le conclusioni che saranno oggi formulate non rappresentano il convincimento isolato di un pubblico ministero ma che tutta la Procura di Caltanissetta le condivide. Non si tratta di una frattura rispetto al passato bensì di una lenta e costante evoluzione che ci porta oggi a contestare la sussistenza dell’aggravante di mafia. I plurimi, gravi, elementi depongono tutti nel senso che il depistaggio ha voluto coprire delle alleanze strategiche di Cosa Nostra, che in quel momento riteneva di vitale importanza”. Lo ha detto il procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Luca nel corso della requisitoria.

“Tutti sapevano – ha detto De Luca – che Vincenzo Scarantino alla Guadagna era un personaggio delinquenziale di serie C. Parlare di questo gigantesco, inaudito, depistaggio solo per motivi di carriera del dottore La Barbera è la giustificazione aggiornata e rimodulata classica di Cosa Nostra. Non mi dilungo ulteriormente perché il collega Luciani avrà ancora molto da dire e poi mi riservo di fare le conclusioni”.

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