“Non fu certo una bella serata al di là del calcio giocato. Ricordo benissimo che ad un tratto dovemmo scappare quando spararono dei lacrimogeni in curva ed era impossibile giocare. Dopo 10-15 minuti la gara poi riprese ma poco dopo, dopo altri lacrimogeni, l’arbitro decise di sospendere la partita…”. Parole e ricordi di Peppe Mascara, uno dei leader, forse il leader, di quel Calcio Catania che tanto faceva sognare il popolo rossazzurro in quella stagione 2006-2007 che suggello’ il ritorno in seria A della squadra etnea.
Ma quella stagione, purtroppo, resterà agli annali, come tristemente risaputo, per la tragedia del Massimino del 2 febbraio in occasione del derby tra Catania e Palermo. Quella sera durissimi scontri fra le forze dell’ordine e ultra’ etneo portarono alla morte del poliziotto Filippo Raciti. “All’interno del campo di gioco non capivamo cosa stesse succedendo – ricorda ancora Mascara- dieci minuti dopo il triplice fischio da parte dell’arbitro arrivarono notizie sugli scontri che si stavano sviluppando all’esterno dello stadio. E poi la tragica conferma della morte dell’ispettore…”.
Da un punto di vista squisitamente sportivo, e non è certo semplice toccare l’argomento rispetto al gravissimo e specifico fatto di cronaca, quel Catania era di fatto una delle più belle sorprese del campionato e i fatti del 2 febbraio scompaginarono il campionato dei rossazzurri costretti poi ad emigrare dalla Sicilia per la conseguente pesantissima squalifica.
“Con i se e con i ma non si va da nessuna parte – dice convinto Mascara – In quella partita affrontavamo il Palermo che stava a quota 39 punti e noi a 29. Eravamo entrambe in zona europea. Quando sei colto dall’entusiasmo cerchi di cavalcare l’onda e noi eravamo in perfetta sintonia tra calciatori società tifosi e città a fare il meglio. Pensavamo partita dopo partita con tanta armonia e stavamo facendo cose egregie. Chissà dove potevamo arrivare”.
“Dopo i fatti del 2 febbraio non giocammo più al Massimino. In giro per l’Italia -rammenta ‘Peppe gol’- l’idiota di turno lo trovavi sempre che ti urlava di tutto per quanto successe quella sera. Per quanto riguarda la squadra -conclude con un pizzico di amarezza- e’ chiaro che subimmo un colpo psicologico e ogni settimana avevamo un campo diverso perché non ne avevamo definito per le gare interne. Giocare senza i nostri tifosi era dura. Ogni partita era come un’amichevole ma in realtà non lo era…”.
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