Pene a 19 anni complessivamente per i tre imputati del branco che aggredirono un medico dell’ospedale “Vittorio Emanuele” di Catania. Si tratta del processo ordinario nell’ambito della violenta aggressione che si consumò la notte di capodanno a cavallo tra il 2016 e il 2017 al pronto soccorso del nosocomio etneo. A farne le spese di quel violento pestaggio fu il medico Rosario Puleo, “reo” semplicemente di aver fatto il suo dovere: non fornire ai suoi aggressori le generalità  di una paziente oltretutto senza che ne avessero alcun titolo per avere quelle informazioni richieste.

Le pene

Il tribunale di Catania, in primo grado nel processo ordinario, ha condannato a 7 anni a testa Angelo Vitale e Federico Egitto, 5 anni invece a Mauro Cappadonna. Sono tre del commando composto da 7 persone che quella notte di San Silvestro pestarono di botte il medico. Gli altri quattro hanno chiesto il rito abbreviato e sono stati condannati a pene sino a due anni e mezzo ciascuno. Le accuse a cui hanno dovuto rispondere erano di lesioni aggravate, interruzione di pubblico servizio e minacce a pubblico ufficiale. Alcune di queste persone che aggredirono il dottore risultavano in qualche modo legati al clan mafioso della famiglia Cappello.

Incastrati dalla videosorveglianza

Dopo l’aggressione i 7 fuggirono via ma dalle indagini si riuscì a risalire agli autori di quel brutale pestaggio. Grazie soprattutto alle immagini delle telecamere di videosorveglianza che ripresero quanto era accaduto e che sono state analizzate con grande scrupolosità dalla polizia. Il medico dopo quell’aggressione decise di lasciare la Sicilia: ha chiesto e ottenuto il trasferimento in un ospedale del nord, tremendamente scioccato da quanto gli era accaduto.

La ricostruzione dell’accaduto

Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini il primo a presentarsi al pronto soccorso dell’ospedale Catanese fu Mauro Cappadonna. Andò da Puleo perché voleva sapere l’identità di una ragazza che era ricoverata lì per un incidente avuto con lo scooter. Voleva quel nome perché, a detta di Cappadonna, quella ragazza con lo scooter aveva danneggiato la sua auto. Il medico ovviamente si rifiutò perché non aveva alcuna autorizzazione a poter rilasciare dei dati sensibili. Un rifiutò che scatenò l’ira del branco contro il medico. Cappadonna inoltre distrusse anche diversi suppellettili del nosocomio.

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