Con investigatori, vertici dei servizi, politici e imprenditori ha avuto “soltanto rapporti istituzionali” legati “all’impegno antimafia e al percorso di legalità” avviato da Confindustria. Se “poi qualcuno ha fatto delle cose che io non so, la responsabilità è sua…”.
Così Antonello Montante, ex leader di Confindustria Sicilia, ai domiciliari per associazione per delinquere e corruzione, al Gip di Caltanissetta nega di l’accusa di avere creato una rete di ‘spie’ per raccogliere informazioni a scopo personale. L’interrogatorio è riportato dal quotidiano La Sicilia.
La stanza dove sono stati trovati i dossier, la chiama “la stanza della legalità”, ed era, spiega, “sempre aperta”. Vanta la svolta legalitaria di Confindustria e la collaborazione avviata dagli imprenditori con la magistratura, “portando più di cento persone a denunciare e fare arrestare”.
“Quando sono finiti i favoreggiamenti e le indagini si concludevano con le condanne – sottolinea – io ero il numero uno quando mi chiamava il Procuratore Generale”. Sulla posizione di due magistrati nisseni la Procura di Catania ha già archiviato da tempo un’inchiesta, ma trasmesso gli atti al Csm. E fornisce una sua spiegazione sul perché dell’inchiesta: Montante si dice “convinto”, che “chi ha innescato questo meccanismo” (perché “non è stata la Procura o la squadra mobile, anche se ce l’hanno con me”) non siano “persone della mafia” contro le quali sostiene di lottare da una vita. O meglio: non soltanto Cosa Nostra, ma “qualche lobby molto più forte”. E cioè “un’organizzazione di mafia e massoneria”.
E le accuse dei suoi più vicini collaboratori di un tempo, Marco Venturi e Alfonso Cicero, le derubrica a rappresaglie personali: “mi denunciano perché non ho fatto fare il presidente regionale a Venturi e così Cicero non ha fatto il direttore di Confindustria Sicilia”.
Parla solo di due politici, estranei all’inchiesta, e il Gip glielo contesta: il sindaco “Leoluca Orlando” al quale, sostiene “avrebbe dato una volta soldi per finanziarlo”, e il leader del M5s alla Regione, Giancarlo Cancelleri, che, fa mettere a verbale Montante, gli “chiese un sostegno per un imprenditore che stava per fallire, ma per il quale non è stato possibile intervenire ipotizzando una vessazione della banca”.
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