Grandi quantità di droga movimentate per tutta la Sicilia e rivendute sia all‘ingrosso che al dettaglio, da una vasta organizzazione che aveva sede nel Catanese e in particolare in quel di Acireale ma ramificazioni fino anche a Siracusa e Palermo nell’isola e fino nel centro Italia.
Blitz con l’impiego di oltre 100 carabinieri
Oltre cento carabinieri del comando provinciale di Catania stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip, nei confronti di oltre dieci indagati per associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti in alcuni paesi etnei.
L’inchiesta
Le indagini, coordinate dalla Procura distrettuale, hanno consentito di definire la struttura, i ruoli dei singoli associati e le posizioni di vertice dell’associazione, comprese persone ritenute contigue al clan mafioso Laudani. Il provvedimento è in corso di esecuzione nelle province di Catania, Palermo, Siracusa e L’Aquila. L’operazione, definita ‘Tiffany’, si basa su indagini dei carabinieri della compagnia di Acireale e avrebbe permesso di scardinare un’associazione per delinquere operante nei Comuni di Aci Bonaccorsi, Viagrande, Aci Sant’Antonio, Pedara e San Giovanni La Punta.
Cocaina e marijuana all’ingrosso
Il gruppo, seguendo un preciso modus operandi, si sarebbe occupato della vendita, all’ingrosso e al dettaglio, di partite di cocaina e marijuana, approvvigionando anche altre organizzazioni criminali dell’hinterland etneo.
Giro di centinaia di migliaia di euro ogni giorno
Secondo la Procura distrettuale di Catania dall’indagine sarebbe emerso un articolato sistema di gestione del traffico di stupefacenti, i cui proventi illeciti, stimati in diverse centinaia di migliaia di euro, venivano sia reinvestiti nel mercato della droga, che utilizzati per il mantenimento delle famiglie degli associati.
I rapporti con altre organizzazioni
L’inchiesta deve verificare, adesso, l’esistenza di rapporti con altre organizzazioni criminali. il modus operandi, infatti, suggerisce una organizzazione stabile che si prendeva cura dei propri membri sulla base di un sistema analogo a quello utilizzato da Cosa Nostra. L’inchiesta rivela, fra gli associati, persone ritenute contigue al clan Laudani
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