“Al di là delle contrastanti reazioni emotive o strumentali della gente, il crescente fenomeno dei Comuni sciolti per mafia invita ad alcune serene riflessioni”. Lo afferma il Governatore della Sicilia Nello Musumeci, in un’editoriale pubblicato oggi sul quotidiano La Sicilia dopo lo scioglimento per mafia dei comuni di Mistretta e San Cataldo e riproposto dal governatore su Facebook e sul suo blog.
“In questo momento – sottolinea Musumeci – 167mila siciliani non sono amministrati da organi elettivi: in dieci Comuni dell’Isola la democrazia, in un certo senso, rimane sospesa”. Il presidente della Regione ricorda poi che “decine di Comuni, dopo essere stati sciolti per mafia una prima volta, tornano ad esserlo per la seconda e, in alcuni casi, anche per la terza volta. Cosa significa? Che la normativa sullo scioglimento dei Comuni, ormai dopo quasi trent’anni, va rivista, anche per alcune incongruenze che rendono il provvedimento spesso inutile se non dannoso”.
Il Governatore cita a questo proposito due incongruenze: “La prima: perché in un Comune sciolto per mafia, lo Stato allontana solo il ceto politico e lascia al proprio posto i dirigenti della burocrazia comunale? La seconda: perché in un Comune sciolto per mafia, lo Stato manda commissari straordinari già oberati da altri gravosi impegni d’ufficio e senza neppure verificarne la idoneità e l’attitudine al governo di un Ente?”.
“Queste riflessioni – conclude Musumeci – ho rassegnato nei giorni scorsi al Ministro dell’Interno, proponendo in sede di riforma anche la previsione di una sorta di ‘diffida’ ai Comuni appena afflitti da patologie legate a possibili condizionamenti o infiltrazioni. Una forma, cioè, di tutoraggio dello Stato, affidato alla Prefettura, prima di arrivare alla ineluttabilità dello scioglimento”.
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