L’inchiesta della Guardia di Finanza che ha portato a nove misure cautelare per presunta corruzione all’ispettorato provinciale di Catania è stata svolta con estrema celerità dall’ottobre 2017 al marzo di quest’anno, con l’utilizzo anche di numerose intercettazioni ambientali e telefoniche ed ha svelato l’esistenza, all’interno dell’ufficio pubblico in questione, di un consolidato circuito corruttivo alimentato da saldi legami di amicizia che uniscono corrotti e corruttori.
E’ stato appurato, in base all’accusa, come il continuo scambio di utilità (pacchetto di voti, incarichi alla Regione Sicilia, assunzioni in ospedali e fornitura di beni) ruotasse intorno all’illegittima archiviazione di verbali originati dagli accertamenti ispettivi dai quali sono emerse, spesso, violazioni per lavoratori assunti irregolarmente o “in nero”; in alcuni casi, si è assistito anche alla materiale sparizione dei verbali stessi e comunque ad audizioni “amichevoli” nelle quali è stata palese la mancata tutela degli interessi erariali in gioco.
L’attività d’indagine condotta dalla Guardia di Finanza di Catania – consistita nell’analisi meticolosa di decine di procedimenti amministrativi e nell’acquisizione di dichiarazioni di funzionari operanti all’interno dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Catania – ha permesso di tracciare svariati procedimenti amministrativi gestiti in modo parziale dagli indagati e nei quali il potere discrezionale attribuito al Direttore dell’ente pubblico anziché essere interpretato quale fonte di responsabilità è stato asservito alle volontà dei corruttori comprimendo così definitivamente gli interessi pubblici confliggenti.
Gli indagati, inoltre, parlavano fra loro di questi procedimenti e dalle intercettazioni (nelle slide alcuni esempi) appariva chiara, secondo l’accusa, l’intenzione di modificarne gli esiti e quali fossero i motivi per giungere a queste decisioni
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