L’ampio spazio concesso dai giornali nazionali all’evacuazione del villaggio turistico di Calampiso, mentre il rogo che ha divorato Messina è stato relegato quasi ‘a breve’, è la considerazione che il resto d’Italia ha per la Sicilia.

Per molti è un villaggio vacanze, un posto bellissimo al pari di certi paradisi tropicali dove blindarsi incorniciati da ogni confort mentre varcata la soglia della struttura si sprofonda nella disperazione.

Ho provato questa sensazione in Africa,  da occidentale del (profondissimo più che non si può) sud Europa che faceva in fretta la strada che separava la vita vera dall’eldorado dell’all-inclusive a buon mercato. A distanza di anni, sinceramente, me ne vergogno.

Da cronista di provincia riconosco però che la valutazione che viene data media al fatto di cronaca di Calampiso è significativa ed onesta: del resto non capita mica tutti i giorni di assistere allo sgombero via mare di un paradiso minacciato dalle fiamme. Perché di paradiso, donato da Dio, si tratta.

Tuttavia, per quanto possa essere eloquente ed importante l’episodio in sé, lascia di stucco il ‘quasi silenzio’ che gli stessi grandi media nei giorni scorsi hanno fatto calare su quanto stava accadendo a Messina rimasta perfino senz’acqua a causa del fuoco. Tralasciamo, ovviamente, quanto è successo ad Enna, Catania, Ragusa…Del resto in Sicilia oltre all’Etna, al ‘cciaffico’, il problema più serio è la siccità!

E non si pensi che questo sia lo sfogo del solito sicilianuzzo piagnone. Questa terra, che spesso amiamo e odiamo in egual misura, è per definizione di molti illustri intellettuali, l’isola dei paradossi.

Ecco perché fa specie ricordare come appena sei mesi fa, le stesse strade arse dalle fiamme fossero ‘disagiatamente’ ammantate di neve ed il gelo portava per giorni alla chiusura delle scuole di molte città. Si dirà che a queste latitudini un inverno come quello dello Utah capita una volta ogni centinaio d’anni, ma il paradosso resta: dal ghiaccio al fuoco in circa 120 giorni, da un’emergenza all’altra nello stesso lasso di tempo, ma con la medesima impreparazione.

Per quanto possa essere doveroso invocare lo stato di calamità per ogni iattura che si abbatte da queste parti, riteniamo che sia altrettanto onesto pensare che semmai quei fondi dovessero arrivare dovrebbero servire esclusivamente a preservare questo paradiso donato da Dio. Solo così gli stessi turisti che ieri hanno avuto la malasorte di vivere l’evacuazione potranno tornare senza lo spauracchio di uno sgombero improvviso.