Si era presentato, a mezzogiorno, all’esterno della caserma dei carabinieri di Riposto, Salvatore La Motta, 63 anni, armato con una rivoltella, dicendo “mi voglio costituire”.

I militari, “tenendolo sotto tiro, hanno cercato di convincerlo” a lasciare l’arma e “non fare alcun tipo di gesto insensato, ma, purtroppo, è stato vano perché l’uomo si è puntato la pistola alla testa e ha fatto fuoco”. Così il comandante del reparto Operativo dei carabinieri del comando provinciale di Catania, il tenente colonello Claudio Papagno, parlando con i giornalisti davanti la caserma di Riposto.

La ricostruzione della tragedia

Le due vittime, Carmelina Marino, 48 anni, e Santa Castorina, 50 anni, ricostruisce l’ufficiale, sono state uccise, tra le 08.30 e le 10 di stamattina, “con un colpo di pistola al volto”. “La dinamica che potrebbe avere avuto con le due donne – aggiunge il tenente colonello Papagno – sono tutte in fase di accertamento. Indagini sono in corso per dare un movente. L’uomo era un pregiudicato che ha precedenti anche per associazione mafiosa. E per il primo delitto ha usato certamente un’auto”. L’ufficiale dei carabinieri sottolinea che stanno “sentendo diverse persone presenti sui luoghi dei delitti” che «stanno rilasciando dichiarazioni certamente utili”.

La presunta relazione con le due donne

Il giallo sui due femminicidi non si chiude con la morte del presunto assassino. Restano ancora non a fuoco il movente e
alcuni aspetti della dinamica. La prima voce che gira in paese è che La Motta avesse una relazione con le due donne, ma nessuna conferma ufficiale arriva fino a sera.

Era detenuto in semilibertà

La Motta era un detenuto in semi libertà che stava usufruendo di una licenza premio e sarebbe dovuto rientrare oggi nel
carcere di Augusta, nel Siracusano. Lo si apprende dai carabinieri del comando provinciale di Catania che indagano sul caso.
Era stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise e d’Appello di Catania perchè accusato di essere uno dei componenti del “gruppo di fuoco” che il 4 gennaio del 1992 davanti a un bar del paese uccise Leonardo Campo, di 69 anni, ritenuto dagli investigatori uno dei capi storici della malavita di Giarre.

A La Motta, prima dell’arresto e dunque durante il dibattimento, era stato vietato di andare all’estero e gli era stato ordinato di abitare soltanto a Riposto. Dopo un primo periodo in carcere gli è stata concessa la detenzione in semilibertà, lavorava di giorno e la sera rientrava in carcere. Oggi era l’ultimo giorno di un permesso premio di una settimana.

Il presunto killer è fratello di un boss

Salvatore la Motta è fratello di Benedetto La Motta, detto Benito. Quest’ultimo si trova recluso per scontare 30 anni di carcere (ottenuti in abbreviato) per l’omicidio di Dario Chiappone, il 27enne ucciso con sedici coltellate alla gola e al torace a Riposto, la sera del 31 ottobre del 2016. Nel processo è emerso che Benedetto La Motta è indicato come esponente di spicco del clan Santapaola-Ercolano e sarebbe stato lui ad autorizzare l’agguato. In quel processo, secondo l’accusa, sostenuta dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dal sostituto Santo Di Stefano, sarebbe stato La Motta ad ordinare, per volontà di altri imputati di eseguire l’omicidio di Chiappone.

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