Il progetto EbioScart, per il riutilizzo di sottoprodotti di ficodindia ai fini della bioeconomia, si è concluso ieri, a Biancavilla, nel polo produttivo del sudovest etneo, con una validazione economica positiva, capace di coniugare le sfide sempre più ardue delle imprese alla sostenibilità ambientale.

Le attività hanno avuto avvio con la visita all’interno dell’azienda OP La Deliziosa di Biancavilla, partner del progetto per il polo del Sud Ovest etneo. L’azienda ha ospitato al suo interno l’innovativa linea di macchinari con cui sono state separate ed estratte le diverse componenti dei ficodindia. Le attività sono proseguite con il convegno nel corso del quale sono stati presentati i risultati finali delle attività progettuali per la valorizzazione degli scarti di ficodindia e le prospettive del comparto a completamento della filiera. Dopo i saluti istituzionali del sindaco di Biancavilla Antonio Bonanno, del dott. Giovanni Sutera, dirigente servizio 9 – Ispettorato Provinciale Agricoltura di Catania, del dott. Pietro Bua di OP La Deliziosa, della dott.ssa Aurora Ursino, presidente Ordine dottori Agronomi e dottori Forestali della Provincia di Catania, del dott. Francesco Galvano dell’Ordine dei Tecnologi Alimentari di Sicilia e Sardegna, si è entrati nel vivo dei lavori congressuali moderati dalla dott.ssa Nicoletta Paparone, responsabile del progetto per il Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia (PSTS), soggetto capofila. Il progetto è stato introdotto dal dott. Carmelo Danzi, innovation broker EBioScart.

In risalto «il valore notevolmente più elevato dei bio prodotti estratti dai ficodindia siciliani, rispetto a quelli ottenibili dai ficodindia prodotti in qualsiasi altra parte del mondo», a conferma di un solco tracciato da Ebioscart non solo percorribile ma anche vantaggioso.

EBioScart è stato finanziato dalla sottomisura 16.1 del PSR Sicilia 2014-2023, e ha coinvolto l’Università di Catania, Di3A, soggetti appartenenti alla filiera ma estranei alla produzione come Ficurinia Srl e Promotergroup Spa, e le aziende di tre poli produttivi siciliani: Sud Ovest Etneo (Catania), Santa Margherita del Belìce (Agrigento), e Roccapalumba (Palermo).

«La Sicilia – ha spiegato la dott.ssa Paparone  – produce la maggiore quantità di ficodindia, rappresentando il 97,8% della produzione nazionale, con 150mila tonnellate annue e oltre 8mila ettari di superficie. Il 10% di questi frutti, al disotto di 80 grammi, non idonei alla commercializzazione, costituiscono una biomassa importante, ricca di componenti utili in vari settori come cosmesi, nutraceutica, farmaceutica e agroalimentare».

Il ficodindia, dunque, potrebbe trasformarsi in una risorsa importantissima sia dal punto di vista economico che per la tutela ambientale. «I bio prodotti estratti e valorizzati nell’ambito di un’azienda multifunzionale – ha dichiarato il dott. Carmelo Danzì, innovation broker EBioScart – accrescono il reddito di impresa, rendono più forte l’azienda, permettendole di rimanere attiva, evitando l’esodo rurale e lo spopolamento delle aree di montagna e di collina. Le aziende che riescono ad attivare questi processi virtuosi diventano presidio dei territori, contribuendo in maniera significativa ad evitare il dissesto ambientale. Il progetto non ha un valore solo per l’aumento della capacità economica dell’azienda ma ha anche ripercussioni positive sull’ambiente»

Sulla validazione economica dell’investimento il Prof. Giuseppe Timpanaro, del Di3A Università degli Studi di Cataniaspiega: «Il ficodindia è una specie globale e la Fao lo individua come la specie del millennio. Nei Paesi del bacino del Mediterraneo gli investimenti di ficodindia stanno crescendo notevolmente sotto la spinta dei francesi interessati ai bio prodotti di ficodindia utilizzabili in diversi contesti. Ma la qualità di un bio prodotto da frutti siciliani è superiore. La nostra validazione è partita da una ricerca di mercato, ha guardato la realtà e i magazzini di produzione dell’Etna e una trasformazione green, e abbiamo constatato che il processo è realizzabile – ha confermato il docente universitario – produce reddito, produce occupazione. Va a vantaggio dei territori, risolve un problema concreto delle imprese e riesce, con una capacità di trasformazione di 300 tonnellate a ripagare l’investimento realizzato nell’arco di cinque anni».

Sugli estratti ottenuti dalla filiera ficodindicola ha lavorato il team del prof. Biagio Fallico del Di3A dell’Universita’ di Catania che ha dimostrato che i frutti di ficodindia e i sottoprodotti da essi derivati potrebbero rappresentare una strategia per la parziale o totale sostituzione dei conservanti di sintesi nelle carni fresche; gli estratti di ficodindia ottenuti con l’impiego di microonde possono essere addizionati a succhi e bevande al fine di stabilizzare il colore riducendo tempi e temperature del trattamento termico; gli estratti di ficodindia, ad elevato potere antiossidante, possono essere impiegati per formulazione di alimenti funzionali. Importante infine anche l’utilizzo del digestato ed efficientamento biodinamico del suolo.