“I giornalisti pubblicisti possono avvalersi del segreto professionale come i colleghi professionisti: è quanto da noi sempre sostenuto, in una battaglia di civiltà e di libertà che portiamo avanti da anni, al fianco di valorosi cronisti finiti sotto accusa per non avere rivelato le proprie fonti. Siamo felici che adesso questo principio sia stato sancito anche dalla Corte d’appello di Caltanissetta, nelle motivazioni della sentenza che ha scagionato Josè Trovato e Giulia Martorana”.
Lo dichiarano, in una nota congiunta, il presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, Riccardo Arena, e il segretario dell’Associazione siciliana della Stampa, Alberto Cicero.
La vicenda scaturisce dalla pubblicazione da parte dei giornalisti Trovato e Martorana, corrispondenti da Enna rispettivamente del Giornale di Sicilia e della Sicilia, di una notizia relativa a un delitto avvenuto nel 2007.
I due erano stati accusati di favoreggiamento per non aver voluto rivelare le fonti di una notizia: l’imputazione era collegata al fatto che il codice di procedura penale riserva la facoltà di avvalersi del segreto solo agli iscritti all’elenco dei professionisti, mentre i due erano entrambi pubblicisti.
Nel processo i due imputati erano stati assolti sia dal giudice monocratico di Enna che dalla Corte d’appello nissena. Nelle motivazioni – ora depositate – di quest’ultima decisione, la presidente del collegio, Andreina Occhipinti, scrive che l’ordinamento della professione di giornalista non evidenzia, “fra le prestazioni rese da un giornalista professionista e quelle rese da un giornalista pubblicista, differenze di ordine qualitativo”, ma solo di tipo quantitativo, che “non possono essere ritenute ostative ad una interpretazione estensiva della norma” sul segreto professionale.
“È la tesi che sosteniamo da anni, con forza e nonostante resistenze e pregiudizi, alimentati da chi specula su anacronistiche divisioni tra professionisti e pubblicisti – dicono Cicero e Arena – certi come siamo che non vi siano differenze sostanziali, né possano essere avallate discriminazioni di alcun tipo: l’unica distanza che va tracciata con forza è tra coloro che fanno e vivono di questo mestiere e coloro che, pur non facendolo o non avendolo mai fatto, pretendono di governarlo”.
“È una sentenza magistrale, un faro per i giornalisti che scrivono di cronaca – afferma Trovato -. Questa sentenza è ciò per cui abbiamo lottato, io e la collega Martorana, sin dall’inizio. Dicevano che non avevamo ‘diritto al segreto’ perché “solo pubblicisti”, e abbiamo scelto di lottare contro un’ingiustizia. Oggi vince la libertà di stampa. È una vittoria della democrazia”.
Grande soddisfazione viene espressa anche dall’avvocato Salvatore Timpanaro: “Una Corte attentissima ha accolto la nostra tesi giuridica, riconoscendo anche ai pubblicisti, e cioè ai cronisti che operano sul campo, il diritto di opporre il segreto professionale sulle fonti, che è condizione essenziale della libertà di stampa. Una sentenza storica, destinata a fare giurisprudenza a livello nazionale”.
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