Estorsione aggravata dal metodo mafioso. Con questa accusa i Finanzieri del Comando Provinciale di Catania insieme al servizioc entrale operativo della Polizia hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare personale, emessa dal G.I.P. del Tribunale etneo nei confronti di 4 persone (3 destinatari di arresti in carcere e 1 ai domiciliari).

La vicenda riguarda il recupero forzato di crediti posto in essere dagli indagati ai danni di un’impresa con sede in Scordia (CT), a favore dell’impresa “SICILSOLE S.R.L.” con sede in Mazzarrone (CT), operante nel settore dei trasporti.

In pratica un imprenditore si era rivolto al clan ercolano per ottenere il pagamento di un credito di 20mila euro da parte di unfornitore ritardatario. A tradirlo sono stati i pizzini trovati a casa Ercolano

Le manette sono scattate per tre esponenti di vertice della famiglia di cosa nostra catanese “Santapaola-Ercolano”. Si tratta di Aldo Ercolano 44 anni, figlio del defunto Sebastiano e fratello di Mario , 42 anni. La misura cautelare è stata eseguita presso il carcere di L’Aquila, dove si trova recluso per effetto di altro provvedimento restrittivo eseguito il 14 giugno 2016 nell’ambito dell’operazione “Brotherhood”, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania e che ha portato alla luce i rapporti illeciti esistenti nel capoluogo etneo tra esponenti della massoneria, imprenditoria catanese ed appartenenti alla criminalità organizzata.

Manette anche per Antonio Tomaselli, 52 anni, noto con il soprannome di “penna bianca”, ritenuto reggente della famiglia “Ercolano” dopo l’arresto di Aldo Ercolano, anch’egli recluso in carcere dal novembre del 2017;  Rocco Biancoviso 51 anni, ritenuto alter ego di Tomaselli nel territorio di Scordia, già colpito da misura cautelare personale in carcere nel novembre del 2017.

L’attività investigativa è stata sviluppata dalle Fiamme Gialle etnee a seguito della perquisizione domiciliare eseguita presso l’abitazione di Ercolano all’atto dell’applicazione della misura in carcere disposta per l’operazione “Brotherhood”, nel corso della quale furono ritrovati degli interessanti messaggi scritti a penna su fogli di carta ( i “pizzini”) sui quali vi erano annotati importi e nominativi di persone fisiche e di aziende, nonché fotocopie di documentazione riferibili a “pratiche di recupero crediti” affidate proprio ad Aldo Ercolano, in teoria privo di titoli ufficiali per occuparsene.

L’approfondimento di tali elementi, supportato dall’esecuzione di intercettazioni telefoniche e ambientali nonché dall’analisi di copiosa documentazione bancaria, ha fatto emergere che alcuni di questi documenti rappresentavano somme che dovevano essere riscosse da parte degli esponenti apicali del clan per conto di un imprenditore che si era a loro rivolto per ottenere il recupero dei debiti di un suo cliente commerciale.

I risultati investigativi hanno trovato riscontro anche nelle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia ed avrebbero  comprovato che in questo modo Salvatore Sinatra 54 anni, socio della “SICILSOLE S.R.L.” oggi ai domiciliari sarebbe riuscito ad ottenere da un imprenditore suo cliente la forzata restituzione di somme dovute a titolo di debiti commerciali attarevrso l’intervento del clan.

In particolare, sarebbe stato accertato che in più occasioni i tre appartenenti al clan avrebbner minacciato il debnitore di danni all’azienda avvertendoloc he se non avesse pagato si sarebbero  impadroniti dei macchinari e beni strumentali della stessa azienda qualora non avesse corrisposto direttamente a loro la somma di 20.000 euro relativa ad un residuo di credito vantato dalla “SICILSOLE S.R.L.”. Durante l’indagine i tre avrebbero costretto la vittima a corrispondere addirittura con un bonifico, una prima rata di 2.000 euro per l’importo dovuto.