Sono dieci gli indagati tra amministratori pubblici e privati per la frana che nell’ottobre del 2015 invase l’autostrada Messina-Catania. L’ipotesi di reato contestata dalla procura messinese a vario titolo è di disastro ambientale e falso ideologico.

Nel registro degli indagati sono finiti sei amministratori e proprietari di un complesso alberghiero e di alcune case estive in contrada Sillemi alta, due dirigenti del Cas, il sindaco e il capo ufficio tecnico del Comune di Letojanni.

Secondo gli inquirenti “quello smottamento fu frutto di una serie di omissioni da parte di chi era tenuto a realizzare tutta una serie di interventi già indicati nel “Piano Assetto Idrogeologico” nel 2013 dato il rischio e la pericolosità della zona, qualificata come area caratterizzata da dissesti conseguenti ad erosione accelerata”.

Nell’inchiesta viene anche specificato che nel territorio in questione, tra gli anni 70 e 80, sarebbe stato realizzato “un vero e proprio sbancamento finalizzato alla realizzazione di insediamenti urbanistici, alcuni dei quali immediatamente prospicenti sul pendio che sovrasta l’autostrada Messina – Catania, caratterizzato da una pendenza del 75 per cento”.

I magistrati sottolineano che “né il Comune di Letojanni né i proprietari dei luoghi interessati dall’azione erosiva determinata dal non regolare scolo delle acque bianche, hanno predisposto quegli interventi necessari che, se realizzati, avrebbero evitato il disastro”.

Per quanto riguarda, infine, il “Consorzio Autostrade Siciliane” i pm messinese sottolineano che “nel realizzare il muro di contenimento del materiale terroso che nel tempo più volte aveva ceduto, non aveva posto in essere alcun accorgimento per mettere in sicurezza l’area”.

Nell’ottobre del 2015 sull’autostrada Messina-Catania franarono circa 3000 metri cubi di materiale terroso e massi: “Proprio a sottolineare la situazione di pericolo generatasi – specificano gli investigatori – si sottolinea come a ridosso della sede autostradale, scorrono la strada statale 113 e la ferrovia, ed insistono numerose abitazioni private, che avrebbero potuto essere investite dallo smottamento”.

Nel corso dell’operazione, il personale del NOE di Catania, oltre a documentare i profili di inquinamento ambientale dei terreni prospicenti gli edifici in sequestro, procederà ad ulteriori verifiche in merito alle modalità di raccolta delle acque afferenti ad alcuni complessi abitativi delle aree adiacenti alle strutture sequestrate.