Gli italiani a Londra. Strano che nessuno avesse pensato prima a raccontarli così. Strano, perché quello degli italiani all’estero è un mare magnum al quale attingere qualcosa che va decisamente oltre l’aneddotica, talvolta anche un po’ tragicomica e certamente nutrita da stereotipi e luoghi comuni.
Vai a capire poi se questi luoghi sono poi così comuni, a giudicare dall’ultima querelle mediatica relativa alla catalogazione degli italiani sulla base della provenienza da ben precisa area geografica (ci riferiamo naturalmente a quel questionario che gli italiani residenti in Gran Bretagna hanno dovuto compilare al momento dell’iscrizione dei propri figli a scuola, nel quale andava indicato se Italiani, Napoletani o Siciliani…).
Anche in questo senso risulta interessante la visione di Influx , il docufilm del regista nisseno Luca Vullo, presentato ieri sera al Multisala King a Catania.
Vullo non è nuovo a questo tipo di, chiamiamole così, “indagini”, come racconta ai microfoni di Rsc Radio Studio Centrale: “Nel 2011 è uscito il mio documentario che si chiama ‘La voce del corpo’, sulla gestualità del popolo siciliano, volto a spiegare per quale motivo tutto il mondo riconosce il nostro straordinario potere nella comunicazione non verbale e anche per capire da dove arriva. E non è casuale che da quel film in poi la mia attività sia diventata quella di professore di gestualità nel mondo” afferma divertito.
Ma è tutto vero: università di tutto il mondo invitano Luca Vullo per tenere delle “lezioni” su questo tema che appassiona i “non-italiani” più di quanto si possa immaginare. Del resto, per tornare ad Influx: “Gli inglesi amano gli italiani, ma forse non li stimano. E’ l’affermazione , suggerita da una libraia italiana storica a Londra, che meglio forse sintetizza il modo in cui si pongono gli inglesi nei nostri confronti”, racconta Luca Vullo a poche ore dalla presentazione del docufilm aggiungendo una serie di informazioni di grande interesse.
Luca Vullo ha intervistato italiani di tutti i tipi, residenti a Londra: quelli proveniente dall’emigrazione degli anni 50-60, quelli radicati e pienamente integrati, quelli che a caccia di un sogno, un’opportunità o solo una dimensione. Storie, identità, lavori diversi.
Alla domanda se Influx sfati un po’ di miti legati all’emigrazione degli italiani nella città più cosmopolita d’Europa , per esempio, risponde: ” In questo film ho voluto anche sfatare il mito dell’eldorado di Londra. Non è una città facile per tutti. Sicuramente ci sono i famosi laureati che lavano i piatti, ma non solo quelli. Non è una fuga di cervelli. E’ una fuga e basta.”
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