Prima mondiale per “La Capinera”, melodramma “moderno” in due atti che vanta le prestigiose firme di Gianni Bella per la musica, Mogol per le liriche, Giuseppe Fulcheri per il libretto tratto da Verga e Geoff Westley per l’orchestrazione. La produzione è realizzata dal Teatro Massimo Bellini di Catania, dove lo spettacolo farà il suo debutto assoluto e resterà in scena dal 9 al 18 dicembre. Regia, scene e costumi sono di Dante Ferretti, già tre volte Premio Oscar. Orchestra e Coro del Teatro; direttore Leonardo Catalanotto, maestro del coro Luigi Petrozziello.
Il soggetto s’ispira liberamente al romanzo epistolare di Giovanni Verga “Storia di una capinera”, straordinario successo editoriale dell’illustre scrittore etneo, padre del Verismo, qui intento a narrare il conflitto interiore di una giovane cui è stata imposta la monacazione. Di questo capolavoro, pubblicato nel 1871, sono state realizzate nel Novecento diverse riduzioni cinematografiche, la più famosa delle quali diretta nel 1993 dal regista Franco Zeffirelli. Al bestseller ottocentesco si schiude ora la scena lirica, come accadde a suo tempo a “Cavalleria rusticana”, altro titolo verghiano che, dopo aver trionfato in prosa, fornì l’argomento ai librettisti dell’omonima opera di Pietro Mascagni, tra le più rappresentate al mondo.
Bella e Mogol, legati da una lunga collaborazione nel comune campo della canzone d’autore, si sono ritrovati insieme a dare vita ad una creazione mirata a fare rivivere, rinnovandola, la straordinaria fortuna del melodramma italiano. La peculiarità è che il quartetto degli autori si accostava alla lirica per la prima volta. È il caso di Gianni Bella: «Capivo dentro di me – rivela – che stava per nascere qualcosa di completamente nuovo. Questo mi dava la carica per proseguire giorno dopo giorno nella composizione, e più proseguivo più mi convincevo che era così». Ed è il caso di Mogol: «Quando Gianni Bella – racconta – mi propose di scrivere le liriche delle romanze, gli chiesi se avesse mai acquisito una cultura operistica, mi rispose di no e io logicamente non accettai. Ma il genio va al di là del pensiero logico e quindi ascoltando la sua musica, qualche mese dopo decisi di scriverne le liriche».
Un veterano dell’opera lirica è invece Dante Ferretti, che ha concepito uno spettacolo di grande impatto visivo e scenico.
Come sottolineano il sovrintendente del teatro Roberto Grossi e il direttore artistico Francesco Nicolosi: «Con la produzione del melodramma moderno “La Capinera”, il Teatro Bellini intraprende strade nuove per rilanciare un genere tutt’altro che esaurito, in cerca di rinnovata ispirazione. Assumendosi la paternità dell’operazione, il Bellini produce Cultura con un’iniziativa pilota e si presenta al panorama musicale internazionale con un allestimento di qualità artistica di livello mondiale. Non poteva esserci allora scelta più appropriata di un titolo che si rifacesse alle radici letterarie e musicali della Sicilia, terra dalla ricchissima tradizione storica e culturale. In questa visione “La Capinera” vuol essere un omaggio a Verga ma anche alla melodia belliniana, come pure al sentimento popolare religioso che culmina nella festa di Sant’Agata. La partitura è un inno alla città che, sconfiggendo terremoto e lava, ha saputo risorgere dalle proprie ceneri e costruire la Catania barocca che fa da scenario all’azione: un’ambientazione sospesa tra l’architettura settecentesca e il profilo svettante del Vulcano, l’una e l’altro dichiarati dall’Unesco “Patrimonio dell’Umanità”.
E siamo onorati che le liriche di un poeta come Mogol esaltino la vena melodica di Gianni Bella, altro illustre figlio dell’Etna, rinnovando così la tradizione del belcanto».
La messinscena, prodotta dal Teatro Bellini grazie anche al contributo della Siae e della Camera di Commercio della Sicilia Orientale, premia così una partitura che aspettava di approdare in palcoscenico dal 2007, anno del suo completamento. Come sottolinea il librettista Giuseppe Fulcheri: «Finalmente “La Capinera” spiccherà il volo. L’orgoglio di aver proposto a Gianni Bella di intraprendere questa avventura, che ha poi visto anche il coinvolgimento di Mogol, ha oggi più che mai ragione di esistere dentro di me. Grazie a tutti per il sogno che si avvera».
Il plot, dalle tematiche sociali fortemente attuali, rimane ambientato durante l’epidemia di colera che colpì la Sicilia a metà ‘800 e narra la storia dell’amore senza speranza tra la novizia Maria e Nino, destinato a sposare la sorellastra di lei. A Maria, tanto cara al padre quanto vittima delle manovre della matrigna, non resta che tornare alla clausura: una condizione che, nel finale voluto da Mogol e diversamente da quanto accade in Verga – non sarà fonte di folle disperazione, ma le rivelerà, al contrario, la genuinità e la forza della propria vocazione, ora abbracciata con tragico slancio mistico.
Nel corso delle sette repliche i soprani Cristina Baggio e Giulia De Blasis si alterneranno nel ruolo della protagonista; i tenori Andrea Giovannini e Alessandro Fantoni in quello di Nino; i baritoni Francesco Verna e Salvatore Grigoli in quello del Padre. Il colera sarà personificato dal basso Carlo Malinverno che si alternerà con Giuseppe De Luca. Sonia Fortunato è la matrigna; Sabrina Messina la sorellastra Giuditta; Lorena Scarlata la badessa; Alfonso Ciulla il prete.
Un melodramma moderno, dunque, ma pur sempre melodramma per voci liriche, e non un musical, come spiega il musicologo Pierguido Asinari. «Pop-lirico? Lirico-pop? Oltre. La Capinera è alchimia, frutto di mutazioni in fieri di un tetraedro creativo – un compositore, un orchestratore/elaboratore, un liricista, un librettista – che dal pop scende (o sale) cercando appigli sul terreno scosceso del melodramma, reincarnatosi in un nuovo corpo, fusosi con la contemporaneità. Popolare il melodramma lo è stato. Popolare come oggi non lo è, stretto fra i tentacoli colti e quelli prodotti dalle icone del pop. La Capinera recupera quei caratteri di popolarità. Insiti nella vicenda, prima di tutto: la decifrabilità delle situazioni, le passioni, i contrasti, l’aspersione degli urti emotivi. Nell’elemento testuale: la trasparenza della narrazione, la comprensibilità del linguaggio, l’aderenza del testo alla musica. E musicale: la chiarezza tonale, le consonanze, le omoritmie, le reminiscenze tematiche, le citazioni, paradigmi istituzionalizzati di concessione della musica alla cultura di massa»
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